Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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Le polizze linked nel diritto europeo e nel diritto italiano (di Giovanna Volpe Putzolu )


La Corte costituzionale con una sentenza del 2016 ha dichiarato la illegittimità della normativa nazionale per violazione di una direttiva comunitaria.

Con il presente scritto l’autore ribadisce in via riassuntiva la tesi, già sostenuta in precedenti scritti, in merito alla natura giuridica delle polizze linked, con particolare riguardo al diritto europeo.

  
SOMMARIO:

1. Il diritto europeo - 2. Il rapporto tra normativa europea e normativa nazionale - 3. Il diritto italiano. La Costituzione e il giudice delle leggi - 4. Rischio e finalità dell’assicurazione sulla vita - 5. La normativa di vigilanza e il dibattito sulla natura giuridica delle polizze linked - 6. Codice civile e codice delle assicurazioni - NOTE


1. Il diritto europeo

La normativa comunitaria si caratterizza per la rigorosa separazione della disciplina di vigilanza dei tre settori del mercato finanziario; assicurativo, de­gli enti creditizi e degli strumenti finanziari. Una separazione che non riguarda solo la vigilanza prudenziale, ma anche la disciplina della trasparenza e della correttezza nei rapporti con la clientela e quella della distribuzione dei prodotti assicurativi. In particolare le direttive Mifid I e II [1] dispongono espressamente che “la direttiva non si applica alle imprese di assicurazione” (art. 2), perché, come si legge nei “considerando”, queste sono oggetto di ap­propriata vigilanza da parte delle autorità competenti in materia di vigilanza prudenziale. Una separazione confermata, per quanto riguarda la vigilanza microprudenziale, dal Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), che prevede autorità europee distinte per i tre settori [2] e, per quanto riguarda la distribuzione assicurativa e i relativi obblighi di comportamento, dalle direttive 2002/92/CE e 2016/97/UE [3]. Non è invece armonizzata a livello europeo la disciplina del contratto di assicurazione, fatta eccezione per alcune disposizioni e per alcuni tipi di contratto. In particolare, la direttiva Solvency II: a) vieta la preventiva approvazione o la comunicazione sistematica delle condizioni generali e particolari delle polizze e delle tariffe; soltanto nel caso di assicurazioni obbligatorie può essere richiesta la comunicazione preventiva delle condizioni di polizza (artt. 181 e 182); b) nelle polizze, devono essere separate le condizioni particolari dalle condizioni generali e speciali (art. 187); c) sono indicate le informazioni precontrattuali da fornire al contraente (artt. 183, 184 e 185); d) nelle assicurazioni vita individuali è attribuito al contraente/assicurato il diritto di recesso per pentimento (artt. 181-186). Per quanto riguarda le norme che interessano particolari tipi di contratti vanno ricordate le direttive in materia di assicurazione obbligatoria r.c.a. e le disposizioni sull’assicurazione Assistenza e Tutela giudiziaria.


2. Il rapporto tra normativa europea e normativa nazionale

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea vige il principio di uniforme applicazione e interpretazione del diritto comunitario, in base al quale il giudice di uno Stato membro deve interpretare il diritto nazionale in modo coerente e conforme con il diritto europeo [4]. Seguendo questo principio la Corte di Giustizia ha deciso che le assicurazioni linked sono contratti di assicurazione secondo la normativa comunitaria [5]. La Corte era stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla natura giuridica di una polizza unit linked che non prevedeva garanzie [6]. La sentenza ha ribadito che i vincoli posti, sia dall’applicazione uniforme del diritto dell’Unione Europea, sia dal principio di uguaglianza, comportano che la portata del termine “contratto di assicurazione” deve comunque trovare una interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione Europea. Pertanto, si legge nella sentenza, “i contratti detti unit linked oppure collegati ad un fondo di investimento, come quello concluso nella fattispecie di cui è causa, sebbene non prevedano la garanzia della conservazione del capitale, sono normali in diritto delle assicurazioni, perché il legislatore dell’Unione li ha inclusi in un ramo dell’assicurazione sulla vita”. La direttiva Solvency II, infatti, come già le direttive precedenti oggetto dell’esame della Corte, seguendo il criterio dell’articolazione per rami, stabilisce le tipologie di contratti la cui conclusione può essere compresa nell’au­torizzazione all’esercizio, rispettivamente, delle assicurazioni non vita (danni) e delle assicurazioni vita. I rami vita comprendono tre contratti definiti di “assicurazione” e sei tipi di “operazioni” che non sono contratti di assicurazione [7]. Le “assicurazioni” possono essere stipulate soltanto dalle imprese di assicurazione autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa e il ramo III comprende le “assicurazioni connesse con fondi di investimento”. Le “operazioni”, invece, possono essere assoggettate dagli Stati membri alla disciplina di vigilanza dell’attività assicurativa sulla vita oppure esserne escluse del tutto o in parte, o anche essere vietate dalle leggi nazionali [8].


3. Il diritto italiano. La Costituzione e il giudice delle leggi

Ai sensi dell’art. 117 Cost., come sostituito dall’art. 3 della l. cost. n. 3/2001, la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. La disciplina dell’assicurazione privata non è inclusa tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, fatta eccezione per la normativa che riguarda l’ordinamento e l’organizzazione degli enti pubblici di vigilanza. La norma prevede inoltre la competenza concorrente della legislazione europea e della legislazione nazionale in merito alla previdenza complementare e integrativa. La Corte costituzionale, a partire dalla sentenza 5 giugno 1984, n. 170, ha riconosciuto il primato della normativa europea con riguardo ai regolamenti, le cui disposizioni sono direttamente applicabili negli Stati membri. Con ord. 18 luglio 2013, n. 207 e sentenza 15 giugno 2016, n. 187 il principio del primato del diritto comunitario è stato esteso dalla Corte alle direttive [9].


4. Rischio e finalità dell’assicurazione sulla vita

L’art. 1882 c.c. individua chiaramente la funzione dell’assicurazione contro i danni nel risarcimento all’assicurato del danno causato da un sinistro, mentre, per quanto riguarda l’assicurazione sulla vita, si limita a disporre che l’assicuratore si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. La disposizione non solo nulla dice in merito alla funzione del contratto, ma neppure dà una qualsiasi indicazione sulle modalità di calcolo del capitale o della rendita. Da questa definizione si desume che l’evento assicurato non è un “sinistro”, inteso come danno alla persona dell’assicurato, né è dato desumere quale sia la funzione del contratto. La caratteristica peculiare dell’assicurazione sulla vita è la libertà delle parti nella determinazione del contenuto del contratto, a differenza del regime restrittivo previsto per le assicurazioni contro i danni. In particolare non sussistono condizioni o limitazioni di sorta per quel che concerne la misura e le modalità della prestazione assicurata [10]; la finalità del contratto può consistere in una liberalità a favore del beneficiario, non necessariamente motivata dalla volontà di provvedere alle sue necessità previdenziali [11], ma anche nella estinzione di un credito o a garanzia del suo pagamento [12]. È probabile che il contratto di assicurazione sulla vita che avevano in mente gli autori del codice civile fosse quello nel quale il premio e la prestazione dell’assicuratore erano determinati nel quantum (c.d. assicurazione a prestazioni fisse), perché all’epoca era questa l’unica tipologia presente nel mercato; ma non si può escludere che il legislatore del 1942, in un periodo di incertezza dovuto alla guerra mondiale, abbia tenuto conto anche dei rischi finanziari di questa categoria di contratti. L’esposizione delle parti ai rischi del mercato finanziario è dovuta alla componente finanziaria dell’assicurazione sulla vita, che era presente anche nelle assicurazioni a prestazioni fisse, perché, con particolare riguardo ai contratti di lunga durata, può verificarsi il caso che, quando si verifica l’e­vento, il rapporto premio-prestazione assicurata risulti sproporzionato se nel [continua ..]


5. La normativa di vigilanza e il dibattito sulla natura giuridica delle polizze linked

Come già rilevato, la disciplina europea di vigilanza dell’attività assicurativa comprende non solo le regole a tutela della sana e prudente gestione del­l’attività (c.d. vigilanza prudenziale), ma anche la disciplina della distribuzione dei prodotti assicurativi, sia per quanto riguarda i soggetti abilitati che per quanto concerne le regole di comportamento. La normativa italiana, invece, a partire dal d.lgs. n. 303/2006, che ha coordinato il TUF e il TUB con la l. n. 262/2005 sulla tutela del risparmio, ha creato un sistema di vigilanza “ibrido” per le polizze unit o index linked. La vigilanza prudenziale compete all’IVASS. La vigilanza sulla distribuzione dei prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, per quanto riguarda gli intermediari, è divisa tra IVASS e CONSOB, alla quale compete, inoltre, il controllo dell’osservanza delle regole di comportamento nella distribuzione delle polizze. Questo sistema è il punto di arrivo del problema della qualificazione delle polizze linked, sollevato dalla dottrina a partire dagli anni ’80 del secolo scorso [19], quindi ben prima della entrata in vigore del TUF. Il TUF, nella versione originale, escludeva espressamente l’applicazione delle norme sull’appello al pubblico risparmio ai “prodotti assicurativi emes­si dalle imprese di assicurazione” (art. 100, comma 1, lett. f ). Per neutralizzare questa esclusione si è quindi fatto appello alla definizione dei “prodotti finanziari” di cui alla lett. u) del comma 1 dell’art. 1 del TUF, che comprendeva in questa categoria gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria. Una definizione talmente ampia da comprendere tutti i prodotti del mercato finanziario in senso lato, quindi anche prodotti bancari e assicurativi. Le polizze linked quindi sono entrate nel “limbo” dei “prodotti finanziari”. Così si comprende che il problema della natura di queste polizze sia stato affrontato dalla giurisprudenza e dalla dottrina ben prima del d.lgs. n. 303/2006, che ha attribuito alla CONSOB compiti di vigilanza sulla commercializzazione delle polizze linked, già spettanti all’ISVAP, ed ha applicato a questi prodotti alcune disposizioni [continua ..]


6. Codice civile e codice delle assicurazioni

La disciplina del contratto di assicurazione prevista dal codice civile, che risale al 1942, è rimasta sostanzialmente invariata [22]. Ciononostante anche nel mercato italiano il contratto di assicurazione si è evoluto verso nuovi tipi di garanzie e nuove modalità di copertura, che non erano immaginabili nel 1942. L’assicurazione è un contratto commerciale. Non solo, l’assicurazione è un contratto d’impresa. Lo si desume dal codice delle assicurazioni che dispone la nullità dei contratti stipulati da impresa priva di autorizzazione (art. 167) e prevede, in questo caso, una sanzione penale (art. 305). Ma lo si desumeva anche da alcune disposizioni della normativa di vigilanza anteriore al codice [23], nonché dalle numerose deroghe alla normativa generale del contratto di cui al capo XX del Libro IV del codice civile. Così si spiega che la disciplina del codice civile del 1942, entrato in vigore quando vigeva da 20 anni la disciplina di vigilanza dell’attività assicurativa, si presti a interpretazioni evolutive coerenti con l’evoluzione del mercato. Mi limito a citare il caso, controverso in dottrina e in giurisprudenza, che riguarda le polizze di assicurazione di responsabilità civile con clausola “richiesta fatta” (claim’s made), che non sono in linea con il comma 1 dell’art. 1917 c.c., che individua il rischio nel fatto illecito (loss occurrence). Che il contrasto con l’art. 1917 fosse superabile è stato confermato dalla sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9140/2016. Una sentenza che ha superato anche la tesi dominante, secondo la quale l’assicurazione del rischio putativo, di cui all’art. dall’art. 514 del codice della navigazione, è nor­ma eccezionale. La definizione dell’assicurazione sulla vita di cui all’art. 1882 c.c. non solo si presta ad interpretazioni evolutive coerenti con l’evoluzione del mercato, ma trova anche una conferma nella definizione dei contratti di assicurazione di cui all’art. 2, comma 1, del codice delle assicurazioni e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. Giurisprudenza e dottrina ignorano sistematicamente la norma europea e la giurisprudenza della Corte di Giustizia 1° marzo 2012, con la sola eccezione della sentenza del Tribunale di Livorno 12 febbraio 2015 che, richiamando la [continua ..]


NOTE