Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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La clausola claims made nuovamente alle Sezioni Unite (ordinanza della Corte di Cassazione 19 gennaio 2018, n. 1465) (di Giovanna Volpe Putzolu)


Con l’ordinanza in oggetto è statarimessa alle Sezioni Unite la questionedella validità della clausola claims made nelle polizze di assicurazione della responsabilità civile, indicando come soluzione preferibile l’opinione secondo la qualenell’assicurazione r.c. non è consentito alle parti di considerare sinistro fatti diversi da quelli previsti dall’art. 1917 c.c., pertanto la clausola claims made deve considerarsi, sempre e comunque, immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.

SOMMARIO:

1. Il caso in esame - 2. Il rischio nell'assicurazione r.c. - 3. I motivi della presunta immeritevolezza ''sempre e comunque''della clausola claims made - NOTE


1. Il caso in esame

Si tratta di due polizze di assicurazione r.c. per i danni causati da prodotti difettosi; un contratto con clausola claims made che è comparso per la prima voltanel mercato italianonellaseconda parte del secolo scorso, a seguito della espansione dell’area della responsabilità civile dovuta ai rischi industriali. L’assicurazione r.c. prodotti copre un rischio con sinistri tendenzialmente a manifestazione ritardata o lungolatenti (long tailclaims), in quanto il produttore può diventare consapevole del difetto del prodotto dopo un tempo più o meno lungo dalla sua immissione nel mercato. Non solo, si tratta di un rischioche può comportare danni a una pluralità di utilizzatori del prodotto (c.d. danni in serie). La polizza r.c. prodotti contiene generalmente una clausola,secondo la quale, l’assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate all’assi­curato per la prima volta durante il periodo di efficacia dell’assicurazionee, in caso di più richieste di risarcimento originate da un medesimo fatto, la data della prima richiesta sarà considerata come data di tutte le richieste anche se presentate successivamente alla cessazione dell’assicurazione. La disposizione di cui al comma 1 dell’art. 1917 c.c. (c.d. clausola lossoccurrence) presuppone che l’assicurato sia sempre consapevole del difetto del prodotto nel corso della vigenza del contratto di assicurazione. Una consapevolezza che,nella maggior parte dei casi, si verifica quando l’assicurato riceve la prima richiesta di risarcimento, che, a sua volta, può pervenire anche dopo un tempo più o meno lungo dalla messa in circolazionedel prodotto, perché dipende dal tipo e dalla gravità del difetto.


2. Il rischio nell'assicurazione r.c.

La Corterileva che, per sinistro, ai sensi dell’art. 1882 c.c., si deve intendere l’evento dannoso. E questo è indubbio, ma va precisato che l’evento deve essere dannoso per l’assicurato. L’assicurazione r.c. non è una assicurazione di cose, ma una assicurazione del patrimonio complessivamente considerato dell’assicurato; pertantoil danno per quest’ultimo si verifica a condizione che il terzo danneggiato ri­chieda il risarcimento. Lo si desume anche dall’art. 2952, che, in deroga a quanto previsto per le altre assicurazioni contro i danni, stabilisce che la prescrizione decorre dalla richiesta di risarcimento del terzo (v. comma 3), nonché dalla giurisprudenza in vigore negli ultimi anni precedenti alla emanazione del codice civile 1942 [1]. Il testo dell’art. 1917 c.c. è stato approvato dopo la decisione di riunire la materia commerciale e quella civilistica in un unico codice. Non risultano os­servazioni al riguardo negli Atti della Commissione delle assemblee legislative, pubblicati soltanto in parte nel 1942 [2]. Non si conosce quindi il motivo che ha indotto gli autori del codice civile a inserire nella formulazione della norma l’inciso “in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assi­curazione”. Va tuttavia rilevato che l’assicurazione di responsabilità civile non aveva all’epoca l’importanza e la diffusione che sono seguite a partire dalla seconda metà del secolo scorso. L’unico problema che richiedeva una soluzione immediata era quello del decorso della prescrizione dell’azione dell’assicu­rato nei confronti dell’assicuratore, problema che il codice civile ha risolto con l’art. 2952, commi 3 e 4. Inoltre le polizze r.c.coprivano i rischi della circolazione degli autoveicoli o, comunque, rischi nei quali la dannosità del fatto era immediatamente percepibile dall’assicurato e, nella maggioranza dei casi, erano anche riscontrabiliin tempi brevi le conseguenze per il terzo danneggiato. Il ricorso all’assicurazione r.c.per rischi con sinistri a manifestazione ritardata o lungolatenti (long tailclaims) è aumentato in modo significativocon l’espansione dell’area della responsabilità civile dovutaai rischi industriali (in particolare prodotti difettosi e inquinamento)e [continua ..]


3. I motivi della presunta immeritevolezza ''sempre e comunque''della clausola claims made

In primo luogo la Corte osserva che, secondo l’art. 1917, comma 1, c.c., il rischio “in astratto” è l’impoverimento dell’assicurato, ma il “sinistro” (o rischio in concreto) è la causazione di un danno a terzi dei quali l’assicurato “debba” rispondere.Una affermazione sorprendente perché vale a dire, in sostanza, che l’art. 1917 non è coerente con la natura del rischio di responsabilità civile. Ciò premesso, la Corte osserva che qualora il “sinistro” potesse essere individuato nella richiesta di risarcimento del terzo danneggiato “siprodurrebbero conseguenze talmente paradossali, da risultare inaccettabili a qualsiasi ordinamento civile”. Un rilievo che, implicitamente, porta a concludere che non solo gli ordinamenti dei Paesi di common law, nei quali ha avuto ori­gine la clausola in esame, ma anche l’ordinamento di Paesi di civil law, come, ad esempio, l’ordinamento francese, sarebbe “incivile” (v. Capitolo IVCode desassurances). La Corte non può ignorare che le polizze r.c., a partire dalla seconda parte del secolo scorso,coprono anche rischi con long tailclaims, in presenza dei quali l’assicurato può essere inconsapevole di avere compiuto un fatto illecito nel corso della vigenza del contratto di assicurazione. Non si comprendono quindi i motivi della “condanna” senza eccezioni della clausola in esame. In primo luogo,si afferma che “la richiesta di risarcimento non è un fatto dannoso ... e, se si ritenesse valida la clausola che qualifica sinistro la richiesta risarcitoria del terzo, si farebbe dipendere l’obbligazione dell’assicurato­re da un evento non dannoso ...al cui avverarsi l’assicurato non ha un interesse contrario, in deroga a quanto stabilito dall’art. 1882 c.c.”.Non solo, “sarebbe impossibile l’adempimento dell’obbligo di salvataggio di cui all’art. 1914 c.c.”. È evidente che, qualora l’assicurato sia inconsapevole di aver compiuto un fatto dannoso,è anche inconsapevole di poter ricevere una domanda di risarcimento e di dover compiere operazioni di salvataggio. Di seguito una serie di altri motivi che presumono che l’assicurato sia sempre consapevole di aver compiuto un fatto dannoso nel corso della vigenza del [continua ..]


NOTE