29 maggio 2019 – dott.ssa E. Iaquinti – A.S. (avv. Bonomi) c. Sara Assicurazioni S.p.A. (avv. Dall’Argine).
Ass. tutela legale – Patto di gestione della lite – Distinzione – Criteri interpretativi – Interpretazione secondo buona fede.
In tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell’interpretazione secondo buona fede, che si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (sulla base di tale principio, il giudice ha qualificato come assicurazione di tutela legale una clausola il cui chiaro tenore letteraleavrebbe condotto a una qualifica in termini di patto di gestione della lite, adottando un’interpretazione del contenuto del contratto conforme all’affidamento che l’assicuratore aveva ingenerato nell’assicurato con il proprio comportamento scorretto nella fase di esecuzione del rapporto contrattuale) (1).
Il Tribunale ecc. (Omissis).
Con atto di citazione ritualmente notificato, il dott. A.S., agiva in giudizio nei confronti di Sara Assicurazioni S.p.A. al fine di ottenere il rimborso dei compensi professionali liquidati agli avv. (Omissis) e (Omissis) del Foro di Piacenza in forza di polizza di assicurazione denominata “Protezione Patrimonio” comprendente, a suo avviso, la garanzia tutela legale dell’attività professionale. A sostegno della propria domanda, l’attore esponeva:
– di aver rivestito la qualità di persona sottoposta ad indagine penale, in relazione a fatti asseritamente commessi quale membro del collegio sindacale della F.G. s.r.l.;
– di essere venuto a conoscenza di detto procedimento penale in seguito all’invito a rendere interrogatorio;
– di aver segnalato con missiva del 2 aprile 2013 all’assicurazione l’insorgenza di detto sinistro;
– di aver provveduto a difendersi nell’ambito del procedimento penale n. 1274/13 GIP presso il Tribunale di Piacenza, conferendo incarico di rappresentanza, assistenza e difesa agli avv. ti(Omissis) ed(Omissis) del Foro di Piacenza;
– che detto procedimento si era concluso con sentenza n. 195/2013 del 6 giugno 2013 di non luogo a procedere nei suoi confronti per l’insussistenza del fatto;
– che successivamente aveva informato la compagnia assicuratrice dell’esito positivo del processo e richiesto la refusione delle spese legali sostenute;
– che, nonostante la lettera di diffida inviata dal legale il 4 ottobre 2013, la compagnia di assicurazione con missiva del 13 gennaio 2014 aveva negato ogni indennizzo/risarcimento in quanto ai sensi dell’art. 7.14 la Compagnia non riconosce spese incontrate dall’Assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati; peraltro la denuncia di sinistro pervenuta alla Sara Assicurazioni il 4 aprile 2013 è successiva alla designazione dei legali da parte del Contraente;
– che in data 18 febbraio 2014, il dott. A.S. aveva instaurato il procedimento di mediazione obbligatoria avanti all’organismo istituito presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Piacenza, sostenendo le spese di avvio della procedura per euro 48,80;
– che la Sara Assicurazioni S.p.A, regolarmente convocata, non aveva aderito al procedimento di mediazione.
Alla luce di ciò l’attore chiedeva la refusione delle spese legali sostenute per la difesa nel procedimento penale che lo aveva visto coinvolto e quelle relative al procedimento di mediazione.Si costituiva in giudizio la Sara Assicurazioni contestando che la polizza in questione comprendesse anche la tutela legale dell’attività professionale, così come inteso dall’assicurato. Nello specifico, la convenuta evidenziava la legittimità del proprio rifiuto in quanto il contratto prevedeva il solo patto di gestione della lite e non anche la tutela legale in senso proprio.La causa, istruita mediante le prove documentali offerte dalle parti, veniva rinviata per precisazione delle conclusioni all’udienza del 13 settembre 2016, la quale, tuttavia, subiva numerosi rinvii a causa del trasferimento dei vari giudici assegnatari del presente ruolo.Con decreto del Presidente del Tribunale n. 39 dell’8 novembre 2017 la presente causa veniva assegnata a questo Giudice che all’udienza del 12 febbraio 2019, sulle conclusioni rassegnate dalle parti e previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., così decideva.La domanda di refusione delle spese legali proposta dal dott. S.A. si fonda sulla Polizza Assicurativa Professionista Protezione Patrimonio n. (Omissis), della durata di un anno con decorrenza dal 1° febbraio 2009 (doc.1 attore).Preliminarmente, occorre distinguere il patto di gestione della lite dalla c.d. garanzia di tutela legale. Il patto di gestione della lite è un negozio atipico ed accessorio al contratto di assicurazione, in base al quale l’assicuratore, a fronte di un evento che coinvolge la responsabilità civile dell’assicurato nei confronti di terzi, assume, fino a quando ne abbia interesse, la gestione diretta della vertenza di danno, arrogando a sé, tutti i diritti e le azioni spettanti all’assicurato, tra cui quello di nominare legali o tecnici esperti. In tale ambito l’assicuratore agisce come un mandatario senza rappresentanza (sulla natura giuridica del negozio v. Cass. 10170/1993) nell’interesse di entrambe le parti contraenti: ivi infatti, l’assicuratore, nel tutelare l’assicurato, tutela anche se stesso, riservandosi la facoltà di sostenere i costi del contenzioso che egli abbia deciso di seguire in via diretta. Istituto diverso è invece quello regolato dall’art. 173 cod. ass. (c.d. assicurazione di tutela legale). Tale norma stabilisce che l’assicurazione di tutela legale è il contratto con il quale l’impresa di assicurazione, verso il pagamento di un premio, si obbliga a prendere a carico le spese legali peritali o a fornire prestazioni di altra natura, occorrenti all’assicurato per la difesa dei suoi interessi in sede giudiziale, in ogni tipo di procedimento, o in sede extragiudiziale, soprattutto allo scopo di conseguire il risarcimento dei danni subìti o per difendersi contro una domanda di risarcimento avanzata nei suoi confronti, purché non proposta dall’impresa che presta la copertura assicurativa di tutela legale. Il successivo art. 174 prevede espressamente che l’assicurato abbia la facoltà di scelta del professionista, purché quest’ultimo sia abilitato secondo la normativa applicabile. Ciò significa, quindi, che nei casi in cui sia stata prevista la c.d. tutela legale, è preclusa all’assicuratore la possibilità di sindacare detta scelta dell’assicurato, se non eccependo la carenza del titolo abilitativo in capo al professionista designato.Tanto chiarito, si tratta a questo punto di valutare se la clausola 7.14 contenuta nel contratto assicurativo in questione attribuisca all’assicurato la garanzia di tutela legale o se invece, come ritenuto dalla compagnia di assicurazione, sia previsto il solo patto di gestione della lite. La risoluzione della questione interpretativa in uno piuttosto che nell’altro senso determina conseguenze opposte. Se, infatti, si accede alla tesi di parte attrice, la clausola che inibisce di fatto la libertà di scelta del difensore sarebbe nulla per contrasto con la norma inderogabile prevista dall’art. 174 cod. ass. (in questo senso C. Giust. UE causa n. C-442/12 depositata il 7 novembre 2013) e dunque risulterebbe illegittimo il rifiuto espresso dalla convenuta a rifondere le spese di difesa sostenute dall’assicurato. Se al contrario si abbraccia l’assunto dell’assicurazione, alcun indennizzo potrà essere attribuito all’attore non avendo questi permesso all’assicuratore l’esercizio del diritto di designazione del legale con conseguente violazione degli accordi contrattuali. Orbene, ritiene questo giudice che sulla base di una interpretazione meramente letterale si debba concludere per l’esclusione, nel caso di specie, della tutela prevista dall’art. 173 del codice delle assicurazioni. La clausola 7.14 è infatti chiara nello stabilire che la società assume, fino a quando ne ha interesse, la gestione delle vertenze, tanto in sede stragiudiziale che giudiziale, sia civile che penale, a nome dell’Assicurato. Al secondo capoverso viene poi stabilito che sono a carico della Società le spese sostenute per resistere all’azione promossa contro l’Assicurato, entro il limite di un importo pari al quarto del massimale stabilito in polizza per il danno cui si riferisce la domanda: detta disposizione si pone in conformità con il disposto dell’art. 1917, comma 3, c.c. ed è applicabile ogni qualvolta la compagnia di assicurazione non abbia provveduto, per propria scelta, a gestire in proprio la lite. Peraltro, qualora le parti avessero inteso ab origine inserire nella polizza “Protezione Patrimonio” la garanzia per la tutela legale, le stesse avrebbero indicato in una apposita sezione dedicata, in conformità al disposto di cui all’art. 173, comma 2, d.lgs. 209/2005, il contenuto della predetta garanzia legale, le condizioni contrattuali ad essa applicabili ed il relativo premio. Tuttavia, ritiene questo giudice che, sebbene, il punto di partenza per interpretate la dichiarazione negoziale sia il testo della stessa, l’interprete però non si deve fermare al senso letterale delle parole poiché il rilievo da assegnare alla formulazione va verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale ed avuto particolare riguardo al significato che al contratto attribuirebbero i contraenti corretti e leali (sul punto v. Cass. 19 marzo 2018, n. 6675).Recentemente la Suprema Corte con la pronuncia dell’8 giugno 2018, n. 14882 ha, altresì, osservato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. L’art. 1366 stabilisce che l’interprete debba dare al contratto il significato che attribuirebbero allo stesso i contraenti corretti e leali. La lealtà si sostanzia nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass. 6 maggio 2015, n. 9006; Cass. 25 maggio 2007, n. 12235; Cass. 20 maggio 2004, n. 9628). La clausola generale di buona fede impone, quindi, alle parti di agire con correttezza e lealtà, non ingenerando nella controparte false aspettative, preservando il ragionevole affidamento sul significato dell’accordo e salvaguardando la posizione della controparte contrattuale, nei limiti in cui ciò possa essere fatto senza un apprezzabile nocumento del proprio interesse. Orbene, analizzando la documentazione in atti, si ritiene che la compagnia di assicurazione con la propria condotta abbia di fatto indotto l’attore a confidare nell’inclusione, all’interno della polizza “Protezione Patrimonio”, della garanzia della tutela legale e della conseguente possibilità di poter nominare liberamente i difensori. Invero con missiva del 2/4/2013 lo S. ha denunciato il sinistro, evidenziando che gli era stato notificato un atto di indagini; l’attore ha quindi chiesto l’attivazione dell’art. 7.14 delle condizioni di polizza, dando atto di aver provveduto alla nomina dei propri legali di fiducia, precisando di rimanere a disposizione per ogni ulteriore comunicazione o esigenza della compagnia assicurativa. A fronte di ciò non è stata prodotta dalla convenuta alcuna comunicazione in riscontro; nell’esecuzione del rapporto contrattuale, l’assicuratore, avvedutosi dell’equivoco interpretativo in cui era incorso l’assicurato, avrebbe dovuto in applicazione del canone di diligenza previsto dagli artt. 1175 e 1176, comma 2, c.c. attivarsi comunicando alla controparte l’impossibilità, in assenza di specifica previsione contrattuale di garanzia all’assistenza legale, di procedere direttamente alla nomina dei legali e ottenere il rimborso delle loro spese. Al contrario risulta, invece, che a seguito della denuncia dello S. la Sara Assicurazioni abbia proceduto alla registrazione del sinistro con attribuzione del relativo codice di riferimento e comunicazione dello stesso all’assicurato (si veda infatti il doc. 3 di parte attrice riportante nell’oggetto il numero di sinistro), convalidando, così, di fatto l’interpretazione alla clausola contrattuale fornita dalla controparte. Tali circostanze appaiono idonee ad aver ingenerato nello S. il ragionevole convincimento circa la validità e operatività della copertura assicurativa invocata e la conseguente correttezza e legittimità del proprio modus operandi. Alla luce di ciò, pertanto, si ritiene applicabile alla fattispecie in esame la garanzia relativa alla tutela legale con conseguente diritto dell’attore a vedersi rifondere dalla convenuta le spese sostenute per la difesa nel procedimento penale n. 1274/13 GIP. Come sopra evidenziato, infatti, l’art. 174 cod. ass.per quanto concerne la tutela giudiziaria attribuisce all’assicurato la facoltà di scegliere liberamente il proprio avvocato e di vedersi rimborsati dalla compagnia di assicurazione i relativi esborsi sostenuti. (Omissis).
La linea di demarcazione tra patto di gestione della lite e assicurazione di tutela legale è in astratto piuttosto netta.L’assicurazione di tutela legale è un contratto tipico, definito e scarnamente disciplinato nel codice delle assicurazioni private, in particolare negli artt. 173 e 174(mentre negli artt. 163 e 164 cod. ass. sono dettate regole particolari per le imprese che esercitano l’attività in questo ramo). Il primo comma dell’art. 173 cod. ass. offre un’articolata definizione del tipo, modellata sui precedenti legislativi (cfr. in particolare art. 4, comma 2, d.lgs. n. 393/1991). L’assicurazione di tutela legale è definita come “il contratto con il quale l’impresa di assicurazione, verso pagamento di un premio, si obbliga a prendere a carico le spese legali peritali o a fornire prestazioni di altra natura, occorrenti all’assicurato per la difesa dei suoi interessi in sede giudiziale, in ogni tipo di procedimento, o in sede extragiudiziale, soprattutto allo scopo di conseguire il risarcimento di danni subiti o per difendersi contro una domanda di risarcimento avanzata nei suoi confronti, purché non proposta dall’impresa che presta la copertura assicurativa di tutela legale”.Il cd. patto di gestione lite, che frequentemente accede ai contratti di assicurazione della responsabilità civile, costituisce invece un negozio atipico, sulla cui meritevolezza, liceità e non vessatorietà non sussistono dubbi, comunemente ricondotto a una peculiare forma di mandato (in rem propriam) senza rappresentanza, con il quale l’assicuratore assume l’incarico, a fronte del verificarsi del sinistro,di gestire la lite, sia in fase giudiziale sia in quella stragiudiziale, fino a quando ne abbia interesse; il patto prevede il conferimento all’assicuratore del potere di nominare legali o altri esperti e di avvalersi di tutti i diritti e le azioni spettanti allo stesso assicurato. Mentre dunque la prima è un vero e proprio contratto assicurativo, riconducibile alle assicurazioni contro i danni al patrimonio, contraddistinto dalla complessità della natura della prestazione promessa dall’assicuratore, consistente in una combinazione di prestazioni di dare (pagare le spese legali e peritali) e di facere (assistenza, consulenza, e simili), il patto di gestione lite accede ad altra copertura e consente di delegare all’assicuratore, con assunzione dei relativi costi, la gestione della controversia, alla quale peraltro lo stesso assicuratore ha interesse, poiché in caso di condanna sarà tenuto a rivalere l’assicurato di quanto deve risarcire al terzo.Quanto alle ripercussioni applicative della qualificazione dell’accordo intercorso in un senso piuttosto che nell’altro, viene primariamente in considerazione la possibilità per l’assicurato di [continua..]