(Sez. Un.) – 6 maggio 2016, n. 9140 – Pres. Rordorf, Est. Amendola, P.M. Russo – Provincia Religiosa di S. Pietro dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli (avv. Pompa) c. Cattolica Assicurazioni scarl (avv. Coletti) e c. Reale Mutua Assicurazioni S.p.A., Zurich Insurance PLC, P.A., Duomo Unione Assicurazioni S.p.A., MMI Danni S.p.A.
(Sentenza impugnata: App. Roma 24 gennaio 2015)
Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata (1).
1. Fatto e svolgimento del processo La controversa questione relativa alla natura giuridica e alla legittimità delle clausole claims made (“a richiesta fatta”) è stata finalmente affrontata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9140 depositata in data 6 maggio 2016 [1]. Al fine di meglio comprendere le ragioni che hanno suscitato numerosi contrasti in merito a siffatta clausola, appare opportuno riassumere brevemente i fatti che hanno dato origine alla pronuncia in esame. La vertenza concerneva un caso di responsabilità civile professionale in campo medico. Più precisamente, a causa dell’omessa diagnosi dei sanitari della Provincia Religiosa di S. Pietro dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli, il paziente sig. A.P. avanzava una domanda volta al risarcimento dei danni da lui subiti. Il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda attorea, condannava la Provincia Religiosa e dichiarava che tutte le compagnie assicurative chiamate in causa dalla convenuta fossero tenute a manlevare l’assicurata, nei limiti previsti dalle rispettive polizze. La sentenza di primo grado veniva impugnata da una delle compagnie assicurative chiamate, la quale sosteneva la validità della clausola claims made inserita all’interno del contratto assicurativo stipulato con la Provincia Religiosa, con conseguente inoperatività della garanzia con riferimento al sinistro in esame. Quanto al contenuto della clausola, si apprende dalla parte motiva del provvedimento che la copertura assicurativa era in vigore nell’intervallo di tempo decorrente dal 21 febbraio 1996 al 31 dicembre 1997 e aveva effetto retroattivo con riferimento ai tre anni precedenti. Poiché la condotta dei medici è stata posta in essere nell’agosto del 1993 e la richiesta danni, invece, è stata formulata dal danneggiato nel giugno 2001, secondo la Corte d’appello, la suddetta clausola escludeva la manleva da parte della compagnia. Pertanto la Corte d’appello di Roma dichiarava la validità della clausola claims made inserita nella polizza stipulata con la Provincia Religiosa. La Provincia Religiosa proponeva dunque ricorso in Cassazione. 2. Motivazione e osservazioni Come preannunciato, la sentenza in rassegna affronta quali punti principali le questioni inerenti la natura giuridica della clausola claims made (o “a richiesta fatta”) nonché la sua validità. Preliminarmente, al fine di poter descrivere in maniera appropriata la controversa questione appare opportuno specificare che la clausola claims made è stata elaborata dalla prassi contrattuale assicurativa al fine di fornire una tutela adeguata ai cosiddetti “illeciti lungo latenti” (“long tail claims”). In tale tipologia di illeciti l’effetto dannoso può verificarsi dopo [continua..]