MASSIMA
Non è fondata, con riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 283 cod. ass., nella parte in cui limita il risarcimento dei danni alle cose derivati da un sinistro stradale causato da veicolo non identificato alla sola ipotesi di concomitanti danni gravi alla persona (1).
INDICAZIONI
(1) Sull’interpretazione dell’art. 283 cod. ass., per la parte interessata dalla pronuncia qui in rassegna, si veda Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2015, n. 24214, in questa Rivista, 2016, II, 367, secondo cui nel caso di sinistro causato da circolazione di veicolo non identificato, il presupposto del «danno grave alla persona», alla cui ricorrenza l’art. 283, comma 2, d.lgs. n. 209 del 2005 subordina la risarcibilità del danno alle cose, va identificato nell’accertamento di una invalidità superiore al 9 per cento, ai sensi dell’art. 138 medesimo decreto legislativo. In dottrina, sull’argomento, si veda S. SCAPELLATO, I danni alle cose nel caso di sinistro cagionato da veicolo non identificato, in Giur. it., 2016, 832.
Si richiama l’attenzione del lettore sulla circostanza che la decisione della Consulta qui in rassegna contiene un monito al legislatore, il quale è stato invitato a dettare regole più precise per identificare i “danni gravi alla persona”, in presenza dei quali è consentito il ristoro dei danni alle cose causati da veicoli non identificati. Tale monito viene fondato dalla Corte Costituzionale sul rilievo che lo sbarramento per il risarcimento del danno alle cose è finalizzato ad evitare frodi in danno del Fondo di garanzia per le vittime della strada, e vi sarebbero alcuni postumi micropermanenti (ad esempio, l’amputazione d’una falange) che, non potendo essere simulati, non potrebbero mai consentire frodi.
Si tratta d’un argomento che parrebbe fondarsi su un autentico equivoco. In primo luogo, scopo dell’art. 283 cod. ass. è non solo quello di prevenire frodi, ma anche quello di salvaguardare le finanze del Fondo, che andrebbero disperse se fosse consentita la risarcibilità di ogni minimo danno alle cose causato da veicoli sconosciuti (si pensi all’ipotesi di chi, lasciato il veicolo in sosta, al ritorno lo trovi graffiato). In secondo luogo, la scelta del legislatore di fissare quale condizione per la risarcibilità dei danni alle cose la presenza di “danni gravi alla persona” ha anche lo scopo di dettare un criterio certo ed inequivoco, che non sembra possa essere sostituito dalla distinzione tra “danni simulabili” e “danni non simulabili”, come parrebbe auspicare la Consulta.
Infatti non vi è alcuna corrispondenza biunivoca tra danni lievi e danni simulabili. Una grave sindrome paranoide, ad esempio, teoricamente potrebbe essere simulata, ma non è certo un danno lieve; all’opposto, l’amputazione d’una falangetta è un danno lieve, ma non può essere simulato. Pertanto ancorare la risarcibilità dei danni alle cose causati da veicoli sconosciuti alla presenza di “danno non simulabili” sarebbe scelta che esporrebbe il danneggiato al rischio di vedersi negare anche il ristoro di danni gravi, perché teoricamente simulabili. In definitiva, se la scelta del legislatore non può dirsi impeccabile, essa è senza dubbio la meno perniciosa, e c’è dunque da auspicare che il Legislatore ... non raccolga l’auspicio della Corte Costituzionale.
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