Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

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L'eccezione di 'inoperatività della polizza', ovvero una notte in cui tutte le vacche sono nere (di Marco Rossetti)


Nella giurisprudenza di legittimità sembra esistere uno iato tra i criteri con cui vengono individuate le eccezioni rilevabili d’ufficio nella materia contrattuale in genere, e quelli con cui vengono individuate le medesime eccezioni nella materia assicurativa. Qui, infatti, si riscontra una tendenza della giurisprudenza a riunire sotto la generica definizione di “eccezione di inoperatività” della polizza le più svariate difesa, fondate sui più diversi presupposti, e che non sembra possono essere accomunate sul piano processuale. Lo scritto si propone di distinguere tra i vari tipi di eccezioni comunemente definite “di inoperatività della polizza”, e fornire dei criteri in base ai quali valutarne la rilevabilità ex officio.

1. La Corte Suprema di Cassazione è stata chiamata a risolvere il seguente problema di diritto: se, in una controversia tra assicurato ed assicuratore a­vente ad oggetto la condanna del secondo al pagamento dell’indennizzo, sia consentito all’assicuratore eccepire per la prima volta nella comparsa conclusionale la non indennizzabilità del sinistro, a causa della previsione nella polizza d’una clausola “a secondo rischio”. A tale quesito, con la sentenza 12 luglio 2019, n. 18742, il Supremo Collegio ha dato risposta negativa, uniformandosi ad un principio già affermato in passato, secondo il quale “l’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non costituisce un’eccezione in senso proprio ma una semplice difesa, una mera argomentazione giuridica, formulata in base a un’interpre­tazione di parte volta a contestare il fondamento della domanda con l’assu­mere l’estraneità dell’evento ai rischi contemplati nel contratto”. Come tale, la suddetta eccezione costituirebbe una eccezione in senso lato; non sarebbe dunque riservata all’iniziativa della parte, e potrebbe essere rilevata d’ufficio anche in grado di appello, salvi ovviamente gli effetti del giudicato interno (così Cass., Sez. III, 3 luglio 2014, n. 15228, in questa Rivista, 2014, II, 679, e Cass., Sez. III, 22 febbraio 2000, n. 1967, in Giust. civ., 2000, I, 2971, ambedue richiamate dalla sentenza qui in rassegna). Questo tradizionale orientamento, tuttavia, potrebbe suscitare più d’una perplessità: sia per i presupposti su cui si fonda, sia sul piano della coerenza con i princìpi affermati dalla Suprema Corte, al di fuori della materia assicurativa, quando si è trattato di tracciare la distinzione tra eccezioni in senso stret­to ed eccezioni in senso lato. Sotto il primo profilo, l’orientamento appena ricordato desta perplessità perché accomuna in una nebulosa indistinta (“le eccezioni di inoperatività della polizza”) eccezioni che invece possono avere fondamento e natura alquanto diversi; sotto il secondo profilo, l’orientamento in questione trascura di considerare che, in linea generale, i patti contrattuali attribuiscono ai contraenti diritti potestativi, che in quanto tali sono disponibili e possono essere rinunciati da chi potrebbe avvalersene: con la conseguenza che non potrebbe il giudice riconoscere alla parte un diritto contrattuale da questo non preteso, né negarle una pretesa che non abbia ricevuto tempestiva opposizione.   2. L’opinione secondo cui l’eccezione di “inoperatività della polizza” è un’eccezione in senso lato e come tale è sempre rilevabile d’ufficio, come accennato, era già stata affermata due volte dalla Suprema Corte. La sentenza [continua..]
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