Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Assicurazione della responsabilità civile. I “fatti accidentali” e il rischio assicurato (di Giorgiomaria Losco, Consigliere AIDA Sezione Italiana)


Significato della clausola di polizza della responsabilità civile generale inerente l’accidentalità del fatto dannoso.

Civil liability insurance. Accidental events and insured risk

Meaning and purpose of the clause in the general civil liability insurance policy relating to the requirement of the harmful event.

Il concetto di accidentalità, ancorché oggetto di protratte e non sempre facili elaborazioni dottrinali [1]e giurisprudenziali, non può non dirsi rilevante nell’assicurazione di responsabilità civile perché, come vedremo, esso incide sul concetto stesso di rischio, rischio che rappresenta, come noto, il fulcro centrale del contratto stesso [2]. Per la giurisprudenza si è per lo più partiti dalle specifiche situazioni di fatto per cercare di risalire, con astrazioni, all’eventuale configurazione del concetto di “accidentalità”, o meglio, di “non accidentalità” facendo, quindi, riferimento ai concetti di colpa (con previsione o meno) oppure di eventi anormali, da cui emergono sentenze diversamente orientate [3]. La dottrina, invece, ha prevalentemente ritenuto essenziale e determinante partire dal concetto, anzi dal contenuto, del rischio assicurato, onde valutare lo scopo del contratto stesso e, quindi, se e come l’accidentalità stessa rappresentasse (soprattutto per i profili economici e di mutualità) limite essenziale della garanzia di r.c. Nel rischio assicurato dalle polizze di responsabilità civile per i danni a terzi è prassi e principio consolidato che qualsiasi tipo di responsabilità civile colposa sia coperta salvo specifiche limitazioni contrattuali e salvo, per la “contraddizion che nol consente” quella per atti dolosi, ove, infatti, non esiste ontologicamente alcun rischio (inteso come alea) ma esiste una precisa consapevolezza e volontà dannosa da parte dell’autore del fatto. Come sopra detto, infatti, il contratto assicurativo può (e deve), per la corretta applicazione del principio mutualistico (inteso come presupposto funzionale di questo strumento giuridico-economico), prevedere, nelle sue condizioni generali e/o particolari, espressi limiti ad evitare eccessive (e come tali non facilmente commisurabili) dilatazioni del rischio generale che si intende coprire; dilatazioni che, a loro volta, comporterebbero, parallelamente, una analoga estensione dell’ammontare dei premi dovuti, vuoi per la cospicua frequenza di sinistri legati a certi rischi, vuoi per la loro spesso indeterminabile espansività, così come per la “quasi” certezza che in determinate attività gli eventi dannosi siano naturali, conseguenziali, aggiungerei, “normali” effetti di tali attività [4]. Peraltro, anche al di fuori delle esplicite e specifiche regole contrattuali, sono state rilevate situazioni di estrema “turbativa” nell’equilibrio del rischio assicurabile tali da doverne escludere la stessa sua configurabilità proprio per carenza di aleatorietà (carenza intesa come quasi certezza del danno) e quindi la sua stessa assicurabilità; esse sono state definite come rischi [continua..]