Il saggio si concentra sull’alea e sui diversi rischi che connotano i giochi autorizzati, distinguendo i profili economici da quelli giuridici, i rischi dell’intera operazione dai rischi del singolo contratto. Questa analisi è funzionale per l’esatta qualificazione della struttura dei contratti di gioco di massa, sia per quelli a c.d. quota fissa, sia al totalizzatore.
The essay focuses on the alea and different risks that characterize authorized games, distinguishing economic profiles from legal ones, the risks of the whole operation from those of the individual contract.This analysis is instrumental to the exact qualification of the structure of mass gaming contracts for both so-called fixed-odds and totalizator contracts.
1. Giochi e scommesse nella c.d. categoria dei contratti aleatori - 2. Contratti deboli, interessi forti e diritti costituzionalmente tutelati - 3. Giochi e scommesse autorizzati e struttura dei contratti: un problema di alea o un problema di struttura? Dalla tesi del contratto plurilaterale alla tesi del contratto bilaterale passando attraverso la tesi della c.d. associazione interna - 3.1. Unilateralità (solo apparente) dell’alea nei giochi e nelle scommesse al totalizzatore - 3.2. Rischi d’impresa, alea economia e alea giuridica nei contrati di gioco e scommessa autorizzati - NOTE
Gioco e scommessa [1] sono qualificati secondo una risalente tradizione [2] nella c.d. categoria [3] dei contratti aleatori, distinguendosi da tutti gli altri (emptio spei, assicurazione, rendita vitalizia) per la circostanza che il rischio, dal quale si fanno dipendere gli spostamenti patrimoniali, non preesiste al contratto, ma è da questo artificialmente creato. Più in particolare a connotare il gioco e la scommessa è la circostanza che l’estraneità al rischio sia dia in capo a tutti i contraenti [4] e l’alea è volta a consentire l’identificazione del soggetto tenuto ad eseguire la prestazione dedotta nel contratto e, al tempo stesso, può svolgere la funzione di criterio di determinazione dell’oggetto della prestazione [5]. Com’è noto, quando ci si riferisce all’artificiale creazione del rischio nel gioco e nella scommessa si vuole porre in luce che nessun rischio incombe sulle parti prima e indipendentemente dalla conclusione del contratto, in quanto l’evento, al cui verificarsi è subordinata la vincita o la perdita, è di per sé ininfluente sulle loro economie e viene ad incidere sul patrimonio delle stesse solo in seguito alla conclusione del contratto. E ciò in quanto sono le stesse parti che subordinano al suo verificarsi il conseguimento di un determinato vantaggio patrimoniale per uno o taluni partecipanti al gioco o alla scommessa [6]. Le parti creano un rischio attribuendo ad un evento intrinsecamente inidoneo a determinare danni sulle loro economie il ruolo di aggiudicatore di un’attribuzione patrimoniale [7]. È l’alea che rende ab initio incerte le posizioni dei contraenti quanto alle loro posizioni di lucro o di danno, ed è lo scioglimento di essa che determina l’incidenza soggettiva del vantaggio o del danno. Comunemente si afferma che l’alea che connota i contratti di gioco e scommessa deve intendersi come doppiamente bilaterale [8]: sia con riguardo all’incertezza dell’evento, che deve essere incerto per tutte le parti [9], sia in riferimento all’artificialità del rischio, che deve essere estraneo alla sfera di tutte le parti [10]. Con riguardo alla artificiale creazione del rischio si è osservato come la stessa se coglie uno dei tratti essenziali del gioco e della scommessa rispetto agli altri [continua ..]
Questo rapido excursus della letteratura in argomento ci mostra come gli sforzi degli interpreti si siano a lungo concentrati nel comprendere la ratio che riuscisse a giustificare la denegatio actionis; ma il presente vede l’affermarsi dei giochi di massa, organizzati dallo Stato e gestiti per suo conto, ai quali è attribuita la piena tutela giuridica. Piena tutela che si fonda e presuppone una valutazione di meritevolezza, operata ex ante da parte dell’amministrazione, dei mezzi con i quali l’organizzazione dei giochi verrà attuata e degli scopi di utilità generale che con i suoi proventi si mira a soddisfare: fiscali, sportivi, culturali, di beneficenza, perseguiti in un contesto specifico e regolamentato. Dunque, se è vero che il mero fine di lucro sarebbe in sé difettivo, non autosufficiente, inidoneo a fondare pretese assistite da una causa socialmente e giuridicamente adeguata, è altrettanto vero che quando ad esso si affianchi il perseguimento di altro fine o interesse pienamente meritevole di tutela (come uno scopo sportivo) – o almeno una forma di controllo pubblico o privato che offra sufficiente garanzie esterne (un’autorizzazione legale o amministrativa) contro i pericoli prospettati dalle attività di gioco e scommessa – allora il debito che sorge merita piena tutela [16]. Ben si osserva come detta articolazione di disciplina si rivolge all’atto, sebbene con la finalità di tutelare determinate attività [17], e questa si rivela una prospettiva feconda e suggestiva che merita di essere seguita e approfondita, nell’intento di raccogliere il suggerimento della dottrina più sensibile ai temi che stiamo indagando e che sollecita già da tempo lo studio delle scommesse comuni attraverso una rilettura dell’art. 1935 c.c., superando l’idea tralatizia, che si rivela oggi antiquata, per la quale la scommessa avrebbe una rilevanza sociale contenuta ed una causa tipicamente non seria, e l’idea secondo la quale il contratto, qualsiasi contratto, sarebbe meritevole di tutela soltanto in presenza di una causa seria. Idea che matura sulla scorta di una lettura miope dell’art. 1, comma 1, Cost., ove si legge: «l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» e quindi non sul gioco e sulle scommesse [18]. Il soggetto di diritto è infatti pensato nella [continua ..]
Fermando l’attenzione sulla struttura dei contratti in esame, occorre muovere da un interrogativo che solo apparentemente può sembrare banale: chi partecipa al gioco (inteso come gara/competizione) e chi sono le parti del contratto. L’interrogativo non è certo nuovo e impegna la dottrina e la giurisprudenza già dalla fine degli anni ’40 dello scorso secolo [29]; un interrogativo che riceve oggi nuova linfa e un rinnovato interesse, non solo dal riconoscimento della qualità di consumatore che è stata di recente attribuita al giocatore, ma anche in ragione della circostanza non trascurabile che il presente vede il prepotente affermarsi dei giochi a distanza, che richiamano masse di giocatori e che per il loro esercizio impongono la necessaria stipulazione del c.d. contratto di conto di gioco [30] ‒ che rappresenta una condizione necessaria per poter giocare e scommettere a distanza ‒ e che relegano i giochi e le scommesse in presenza (ossia raccolte nelle cc.dd. ricevitorie) ad un mercato sempre meno attrattivo. In questa sede non ci si soffermerà sulla qualificazione della struttura di tutti i contratti di gioco offerti dal mercato, preferendo piuttosto muovere da un dato che allo stesso tempo accomuna e separa le diverse specie restituendoci all’interno della categoria due diversi gruppi al cui interno è possibile sussumere i diversi giochi. In particolare, nel panorama dei giochi, la nostra attenzione è dedicata a quelli ai quali prendono parte più persone, i cc.dd. giochi di massa, al cui interno è possibile distinguere due specie. Il primo è formato dai giochi e dalle scommesse per i quali l’ammontare della vincita è determinato sin dal momento della conclusione del contratto (cc.dd. giochi e scommesse a quota fissa). Il secondo, più complesso, al cui interno confluiscono tutti quei giochi e quelle scommesse nei quali la posta versata da ciascun giocatore concorre alla formazione del montepremi, che dunque non è determinato al momento della conclusione del contratto, ma determinabile in forza dello strumento del totalizzatore una volta conclusa l’attività di gioco/gara (cc.dd. giochi e scommesse al totalizzatore), secondo un criterio che sfugge alle regole fissate dall’art. 1349 c.c. Circoscritto l’ambito di indagine ‒ e distinto all’interno del genus, giochi di [continua ..]
Fermandoci a ragionare sul totalizzatore, la sensazione che si ricava leggendo la letteratura in argomento è di un tema oggetto di alcuni significativi condizionamenti per comprendere i quali occorre ripercorrere gli argomenti delle varie tesi. Muoviamo dalla tesi seducente che richiama il contratto plurilaterale per descrivere la struttura dei giochi e delle scommesse al totalizzatore. Si afferma che, mentre nei giochi e nelle scommesse a quota fissa, proprio perché la vincita è già determinata al momento della conclusione del contratto (perché, come sovente accade, è un multiplo della posta) l’organizzatore si obbliga in proprio a pagare il premio a ciascun vincitore, al contrario, nel totalizzatore l’entità della vincita non è predeterminata al momento della conclusione del contratto, ma è direttamente proporzionale al numero di partecipanti e inversamente proporzionale al numero di vincitori. Da questa circostanza si ricava l’estraneità dell’organizzatore all’alea e si afferma che il contratto interverrebbe solo tra coloro che scommettono e rischiano. L’organizzatore, pertanto, non sarebbe parte del contratto perché non scommette. Si tratterebbe, dunque, secondo questa ricostruzione, di un contratto plurilaterale tra tutti coloro che giocano/scommettono, sebbene gli stessi non abbiano la minima idea dei milioni di persone che possono partecipare a quella competizione. Insomma, un contratto plurilaterale tra sconosciuti. Si sono già esposti i plurimi motivi di dissenso da questa tesi, ai quali bisogna aggiungere un ulteriore rilievo, proprio muovendo da questa ultima affermazione. La tesi sembra del tutto scollegata dalla realtà del fenomeno che stiamo indagando, come ammoniva già Paradiso in un suo brillante lavoro, e la distanza si acuisce osservando gli effetti di questa ricostruzione sul piano processuale. Perché si dovrebbe sostenere, come necessaria conseguenza di quella impostazione, che in caso di inadempimento nel pagamento della posta i giocatori vincenti dovrebbero esperire azione contro degli sconosciuti, non essendo nota alle parti l’identità degli altri partecipanti alla competizione. Ed è proprio questo il punto che deve essere posto in rilievo: la confusione tra partecipanti alla competizione, ossia i soggetti che partecipano all’attività di gioco, dai [continua ..]
Concentrando l’attenzione sulla figura dell’organizzatore ‒ la cui posizione è quella che ha suscitato più problemi ‒ occorre anzitutto chiarire un dato: nei contratti a quota fissa questi scommette perché rischia di perdere o di vincere. Si tratta dunque di un contratto aleatorio sia per l’organizzatore ‒ che gioca, scommette e non si limita ad organizzare ‒ sia per il giocatore; dunque, il contratto è aleatorio per entrambe le parti perché entrambe rischiano di vincere o di perdere [45]. Nei contratti al totalizzatore, per converso, l’organizzatore non gioca, non scommette, nel senso che non rischia né di vincere, né di perdere. Il contratto per lui non è affatto aleatorio. Un’ulteriore precisazione è poi necessaria. Nei contratti di gioco e scommessa di massa, il rischio che corre l’organizzatore deve essere scomposto e analizzato nelle sue diverse componenti [46] per comprendere effettivamente i giochi di massa e distinguere le due specie. Vi è anzitutto il rischio di impresa, ossia il rischio di non coprire le spese per l’erogazione del servizio con le entrate; e questo rischio è connaturale ad ogni contratto d’impresa e dunque comune alle due specie. Vi è poi il rischio dell’inadempimento, ossia il rischio che il giocatore non paghi la posta, ma questo rischio è tendenzialmente annullato dalla realità della stipulazione [47], nonché, per i contratti a distanza, dall’esistenza di un conto di gioco, come vedremo in seguito. Ma anche questo rischio sembra essere comune alle due specie. Nei contratti a quota fissa, invece, assume rilevanza anche il c.d. rischio di perdere quanto lo stesso organizzatore ha puntato, nonché il rischio di non riuscire a pagare il premio fissato, e, sebbene non possa revocarsi in dubbio che le regole convenzionali del gioco, combinate alla legge dei grandi numeri, in pratica azzerano l’alea per il gestore, è altrettanto vero, però, che l’alea è predicato del contratto e non dell’attività. E il singolo contratto concluso tra il privato e il gestore del gioco rimane un contratto aleatorio perché, si è soliti affermare che incerta ab origine è l’an della prestazione [48]. In altri termini, distinguendo il profilo economico da quello [continua ..]