Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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Dalla "fideiussione-consumeristica" al nuovo procedimento monitorio tracciato dalle sezioni unite (di Lavinia Vizzoni, Ricercatrice di Diritto Privato nell’Università di Pisa.)


Il commento esamina una delle più note decisioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha avuto un impatto processuale di enorme consistenza, ma consente di sviluppare considerazioni anche sul versante civilistico. La pronuncia, che ha in sostanza creato un nuovo procedimento monitorio consumeristico, recependo pienamente le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea, funge infatti da spunto per riflettere sul contratto sottostante al caso di specie, un contratto di fideiussione connotato da una clausola abusiva, e sulle evoluzioni vissute dalla garanzia negli ultimi anni, anche in chiave di effettività della tutela in favore del fideiussore-consumatore.

From “consumer-surety” to the new injunction procedure outlined by the “sezioni unite” (“United Chambers”)

The paper examines one of the best-known decisions of the Sezioni Unite (“United Chambers”) of the Court of Cassation, which has had a tremendous procedural impact, but allows for the development of considerations on the civil law side as well. The decision, which essentially created a new consumer injunction procedure, fully incorporating the indications of the ECJ, serves as a starting point for reflecting on the underlying contract, a surety contract marked by an unfair clause, and on the evolutions experienced by the surety in recent years, also in terms of effective protection in favor of the guarantor-consumer.

PROVVEDIMENTO: La Corte ecc. (Omissis). FATTI DI CAUSA (Omissis) 3. Per la cassazione di tale sentenza N.T. ha proposto, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., ricorso straordinario affidato a due motivi. 3.1. Con entrambi i motivi ha dedotto la violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93/13 e dell’art. 19 del TUE, con riferimento al principio di effettività della tutela del consumatore, mettendo in discussione l’impossibilità, a fronte di decreto ingiuntivo non opposto, sia di “un secondo controllo d’ufficio nella fase dell’esecuzione sulla abusività delle clausole contrattuali”, sia di “una successiva tutela, una volta spirato il termine per proporre opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo”. (Omissis). RAGIONI DELLA DECISIONE (Omissis) 1. Alla rituale rinuncia al ricorso per cassazione (ex art. 390 c.p.c.) da parte di N.T., che non richiede l’accettazione delle controparti per essere produttiva di effetti processuali, segue l’estinzione del giudizio di legittimità (ex art. 391 c.p.c.) introdotto con il medesimo atto di impugnazione. (Omissis) 2. Il Collegio reputa, tuttavia, di doversi soffermare su una questione di particolare importanza che trova origine proprio dalla proposizione del ricorso e di utilizzare, così, il potere, che l’art. 363, terzo comma, c.p.c., assegna alla Corte di Cassazione, di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge; (Omissis). 2.1. Si tratta della questione che – come evidenziato sia dalla ricorrente, che dal pubblico ministero – è sorta a seguito di quattro coeve pronunce della CGUE, emesse dal Collegio della Grande Sezione in data 17 maggio 2022 (sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco; sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza; sentenza in C-725/19, Impuls Leasing Romania; sentenza in C-869/19, Unicaja Banco), una delle quali (sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza) a seguito di rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano con ordinanze del 10 agosto 2019 e del 31 ottobre 2019. (Omissis). 3.1. La fattispecie che qui rileva ha riguardo – in estrema sintesi – all’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di un professionista che il consumatore non ha opposto, lamentando, però, in sede di procedura esecutiva per il soddisfo del credito ingiunto, l’omesso rilievo officioso del giudice del procedimento monitorio su una clausola abusiva (nella specie, di deroga del foro del consumatore) presente nel contratto fonte di quel credito e, quindi, chiedendo al giudice dell’esecuzione di farsi carico del controllo sull’abusività della clausola contrattuale. Le strette coordinate della pronuncia da adottare ai sensi dell’art. 363 c.p.c. sono, dunque, [continua..]
SOMMARIO:

1. La via indicata dalle sezioni unite per la mancata rilevazione della nullità di protezione: l’opposizione tardiva consumeristica a decreto ingiuntivo - 2. Le reazioni della dottrina processualistica ad una pronuncia “audace” - 3. Lo sguardo del civilista: la clausola contrattuale controversa nel contesto fideiussorio - 4. La fideiussione come terreno di sviluppo della tutela consumeristica, alla luce del principio di effettività - 5. Il giudice del monitorio dinanzi alle nullità di protezione - 6. Tutela consumeristica, ma non solo. Le fideiussioni stipulate sui moduli ABI - NOTE


1. La via indicata dalle sezioni unite per la mancata rilevazione della nullità di protezione: l’opposizione tardiva consumeristica a decreto ingiuntivo

Il definitivo aggancio del fideiussore alla posizione di consumatore, a lungo contrastato nella giurisprudenza italiana, la necessità di dare applicazione al principio di diritto posto dalla Corte di giustizia e di eseguire il giudicato unionale, la valorizzazione massima del principio di effettività della tutela consumeristica, appuntato sulla sede processuale davanti ad un «protagonista inedito per il nostro ordinamento» [1] – il giudice dell’esecuzione forzata – hanno originato l’importante decisione in commento, che ha segnato un vero e proprio punto di svolta nell’interpretazione della disciplina in materia. Soffermandosi brevemente sulla vicenda, va rilevato che sono state le stesse sezioni unite, pur dando atto dell’intervenuta rinuncia agli atti del giudizio ad opera della ricorrente e dichiarando l’estinzione del giudizio, ad esercitare contestualmente il potere ad esse attribuito dall’art. 363 c.p.c. di pronunciare il principio di diritto nell’interesse della legge, anche in virtù del ricorrere, nel caso di specie, delle condizioni per l’esercizio del “nuovo” rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. [2]. In estrema sintesi, nel caso di specie le sezioni unite sono state chiamate a stabilire se possa essere ancora contestato il carattere abusivo delle clausole di un contratto di finanziamento posto a fondamento di un decreto ingiuntivo non opposto e, in caso di risposta positiva, con quali strumenti processuali si debba procedere. Ribadito il principio secondo cui il giudice nazionale ha il compito di interpretare il diritto interno rendendolo conforme al diritto dell’Unione o, ove ciò non sia possibile, di disapplicarlo, si ricorda che significativi precedenti della Corte di giustizia dell’Unione Europea impongono al giudice dell’ese­cuzione di procedere ad un esame d’ufficio dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto da cui scaturisce il titolo esecutivo, anche se il decreto ingiuntivo non è stato opposto dal debitore, onde riequilibrare la posizione strutturalmente inferiore del consumatore. Il precetto affermato è stato poi ulteriormente declinato nelle plurime fasi processuali a cui la vicenda può andare incontro. Il giudice del procedimento monitorio è dunque onerato del potere-dovere di verificare [continua ..]


2. Le reazioni della dottrina processualistica ad una pronuncia “audace”

Nella decisione del Supremo Collegio, i passaggi processuali dell’arti­colata vicenda si sono concretizzati in una sorta di dettagliata “guida” per i giudici che, nelle diverse fasi del processo di merito, si troveranno ad affrontare questioni analoghe a quella giunta all’attenzione della Suprema Corte [5], la quale ha ritenuto di indicare, come precisato, nello strumento ex art. 650 c.p.c., con una rimodulazione del relativo termine, la soluzione per conseguire una tutela efficace del consumatore “colpito” dalla vessatorietà di clausole non emersa precedentemente. La dottrina giusprocessualistica ha tributato alla sentenza approfonditi commenti che ne hanno messo in luce la portata estremamente innovativa, laddove essa conduce alla costruzione di un nuovo modello monitorio da applicarsi alla fattispecie del decreto ingiuntivo non opposto in materia consumeristica [6]. La decisione è stata da più parti definita “epocale” nel conseguire l’au­spicata effettività della tutela consumeristica – la quale d’altronde è a sua volta il portato dell’ormai consolidato obbligo di interpretazione conforme alle sentenze interpretative della Corte di giustizia – in chiave di armonizzazione della direttiva 93/13/CEE con alcuni istituti del diritto processuale nazionale [7], ma allo stesso tempo si è parlato di istruttoria monitoria «ricarburata» [8], di «lettura creativa» dell’art. 650 c.p. [9], e addirittura di «iperprotezione del consumatore» realizzata tramite un’opposizione monitoria ultra-tardiva [10]. La pronuncia ha inoltre funzionato da banco di prova per verificare – pur nella consapevolezza del contesto di riferimento, connotato da una “legalità multilivello” che ha certamente determinato un accrescimento del ruolo del giudice – la tenuta dello stesso principio di separazione dei poteri, con conseguente invocata necessità per il giudice, compreso quello di legittimità, di non oltrepassare il giusto confine dell’attività ermeneutica, per quanto innovativa [11]. Certo è che la funzione nomofilattica viene in questa sede esercitata dalle sezioni unite in modo assai ampio, sino quasi a sconfinare in una vera e propria nomopoiesi, in ragione di superiori esigenze, di ordine pubblico, [continua ..]


3. Lo sguardo del civilista: la clausola contrattuale controversa nel contesto fideiussorio

Nonostante il comprensibile estremo interesse suscitato nella dottrina processualcivilistica, la pronuncia si dimostra di notevole importanza ed idonea a stimolare molteplici riflessioni di non minore peso anche dal punto di vista del diritto sostanziale [15]. Nel caso di specie, che pure non è stato specificamente esaminato dalla sentenza in questione, è rilevante osservare come la clausola controversa – della quale si contestava la nullità in quanto abusiva, e sulla base della quale il progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita forzata veniva impugnato dal debitore – era una clausola presente in un contratto di fideiussione reputata in deroga al foro del consumatore. Si contestava pertanto l’insussistenza del diritto del creditore intervenuto perché basato su un decreto ingiuntivo emesso da un giudice territorialmente incompetente. Che a venire in considerazione sia un contratto di fideiussione stipulato da una parte non professionista e viziato dalla presenza di una clausola vessatoria non costituisce certo di una novità. Da un lato sono, in primis, ben lontani ormai i tempi in cui il testo originario dell’art. 1469-bis c.c. faceva riferimento, nel delineare l’ambito di applicazione della disciplina in materia di clausole vessatorie, al solo contratto, stipulato fra consumatore e professionista, «che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi», con una formulazione ristretta, potenzialmente in grado di escludere la fideiussione quale contratto di garanzia [16]. E soprattutto, nella direzione della configurazione a pieno titolo di un fideiussore che rivesta la qualifica di consumatore, con correlativa applicazione delle relative tutele, nonostante questi garantisca il debito di un soggetto professionista, risulta oggi ampiamente superato l’orientamento del c.d. professionista di riflesso o di rimbalzo, pure a lungo seguito dalla stessa Corte di cassazione [17]. Come noto, in tale prospettiva, il garante non veniva considerato meritevole di considerazione autonoma nella posizione contrattuale che lo stesso ricopriva, bensì acquisiva la propria qualifica indirettamente, in forza di quella rivestita dal debitore garantito. Ove quest’ultimo fosse stato un professionista, non era riservato spazio per la configurazione di un garante-consumatore, anche qualora la fideiussione rilasciata non [continua ..]


4. La fideiussione come terreno di sviluppo della tutela consumeristica, alla luce del principio di effettività

La fideiussione risulta dunque aver vissuto un percorso quanto mai singolare: disciplinata dal corpus normativo di cui ai noti artt. 1936 ss. c.c., modificato in un’unica, benché rilevante, occasione, con riguardo alla sola garanzia omnibus [27], dopo decenni di sostanziale immobilismo sta vivendo profonde evoluzioni e mutamenti, nonostante la parallela, se non preponderante, diffusione di altre forme di garanzia [28]. Proprio quel fideiussore che tanto era stato allontanato, nell’ordinamento nazionale, dalla disciplina consumeristica, nel contesto eurounitario non solo ha trovato piena affermazione a partire dal 2015, ma ha consentito un vero e proprio avanzamento nella tutela del consumatore in nome del principio di effettività [29]. È noto che la Corte di giustizia dell’UE ha spesso dimostrato di prediligere un atteggiamento meramente ermeneutico a quello strettamente dogmatico [30], in ciò spinta soprattutto dall’esigenza di pervenire all’uniforme applicazione del diritto europeo, e di invocare l’effettività della tutela in situazioni in cui, si è detto in chiave fortemente critica, «la soluzione adottata nel caso concreto non trova altra soluzione che in sé» [31]. Anche le Corti nazionali fanno d’altronde a loro volta ricorso in maniera sempre più pervicace all’effettività della tutela. La decisione in commento ne è una manifestazione particolarmente evidente, laddove rende tale principio fulcro essenziale su cui si impernia la necessaria integrazione fra giurisprudenza europea e nazionale. L’effettività, come utilizzata in sede europea, ha ormai determinato trasformazioni radicali nell’apparato dei rimedi civilistici e condotto a un ripensamento profondo del rapporto tra diritti e tutele [32], e, in ambito strettamente processuale, essa viene a maggior ragione invocata ma anche osteggiata, dovendosi confrontare con il diverso e altrettanto fondamentale principio della autonomia processuale degli Stati membri [33]. L’esito di tali applicazioni è stato, talvolta, un vero e proprio stravolgimento delle disposizioni applicabili, talaltra persino l’incrinatura di principi consolidati, ampliando e/o rimodulando i poteri del giudice nazionale, con correlativa aggiunta, come correttamente osservato, in capo a questi, di ulteriori doveri e [continua ..]


5. Il giudice del monitorio dinanzi alle nullità di protezione

È dunque evidente come la decisione in commento concretizzi a tutto tondo, sul piano processuale, il rimedio “sostanziale” della non vincolatività delle clausole abusive nei contratti del consumatore, così da riequilibrare la posizione contrattuale di quest’ultimo, tramite il rilievo officioso, che si con­solida come vero e proprio obbligo per il giudice, salvo il diritto all’inter­pello finalizzato a colmare il deficit informativo del consumatore in merito alle proprie facoltà difensive [41]. L’ulteriore interrogativo, conseguente ad un approdo giurisprudenziale tanto netto quanto problematico, riguarda la portata dei principi elaborati a monte dalla Corte di giustizia nella pronuncia Banco di Desio, e poi pienamente recepiti dalla decisione in esame, con specifico riguardo proprio al rimedio della declaratoria di nullità delle clausole vessatorie, da applicarsi anche in sede di opposizione tardiva all’esecuzione, come rimodulata nei termini ora descritti. In particolare, ci si chiede quale sia l’orizzonte delle nullità a cui fare riferimento [42]. Si tratta, in ogni caso, di un aspetto meritevole di ulteriori approfondimenti, anche alla luce di quelle che saranno le evoluzioni della giurisprudenza successiva; ma qualche proposta ricostruttiva è già stata in tal senso significativamente avanzata. Da un lato, vi è chi, cautamente, cerca di operare una selezione delle fattispecie di nullità che potranno ritenersi incluse nel dicutm della decisione in esame, basata sulle relative rationes. Così, in maniera condivisibile, si è in primis escluso che la pronuncia SPV/Banco di Desio possa fare da sponda a nullità di protezione che, pur se di matrice eurounitaria, consumeristiche non sono, ma si collocano all’inter­no di rapporti B2B. A tal fine viene ritenuto insufficiente l’inciso contenuto nel par. 5.2.1 delle sezioni unite, pur auspicante una configurazione «anche in termini personalistici della figura del consumatore» [43]; ma allo stesso tempo si ammette una certa possibilità di estensione in favore delle sole fattispecie di nullità sorrette da una ratio di tutela dell’ordine pubblico eurounitario [44]. Sulla stessa linea – di indagine delle rationes delle nullità – ma [continua ..]


6. Tutela consumeristica, ma non solo. Le fideiussioni stipulate sui moduli ABI

Quest’ultima suggestione consente di guardare al già ricordato impatto delle vicende fideiussorie anche da un’angolatura ulteriore e differente, che può leggersi comunque simmetricamente e complementarmente rispetto alle sopra ricordate evoluzioni del fideiussore-consumatore. La fideiussione ha costituito in effetti terreno di ulteriori rilevanti sviluppi in ambito contrattuale: il riferimento è alla sorte delle fideiussioni stipulate a garanzia di operazioni bancarie sulla base dello schema predisposto nel 2003 dall’ABI, e già oggetto del provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005, n. 55, che ne aveva accertato il carattere anticoncorrenziale [47]. Dopo lungo dibattito e approdi giurisprudenziali oscillanti, anche in questo caso la questione principale circa la validità o meno e, nel caso di invalidità, la relativa declinazione sub specie di nullità totale o parziale delle clausole riproduttive dello schema vietato, è stata risolta con un intervento chiarificatore delle sezioni unite della Cassazione [48], che ha sposato l’orienta­mento della nullità parziale, ritenendolo più in linea con le finalità e gli obiettivi della normativa antitrust. I giudici della Suprema Corte hanno infatti ritenuto «non convincente il riferimento – operato dal Procuratore Generale – al fatto che i contratti tra l’impresa bancaria ed il cliente costituirebbero esercizio dell’autonomia privata dei contraenti, ex art. 1322 c.c.», cosicché «l’avere inserito all’interno del contratto alcune clausole estratte dal programma anticoncorrenziale non appare circostanza sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragion di essere e della sua validità [49]». A tacere che la vicenda delle fideiussioni redatte sui moduli ABI non pare avere trovato ancora una composizione definitiva, visto che giurisprudenza successiva, anche di legittimità, si è talvolta discostata dalla soluzione indicata dalle sezioni unite [50], si rileva come essa sia a sua volta sintomatica di un vero e proprio fermento che rende la fideiussione terreno di evoluzioni di rilievo sul piano contrattuale, nel segno dell’avanzamento verso una tutela sempre più effettiva del garante. Appare in effetti evidente, in conclusione, come [continua ..]


NOTE