Il presente lavoro si prefigge di esaminare l’effettiva applicazione della l. n. 24/2017 (c.d. legge Gelli-Bianco) a quasi sette anni dalla sua entrata in vigore, a seguito della adozione della normativa secondaria alla quale era rimessa l’efficacia del peculiare ed innovativo regime dei profili assicurativi disciplinato dalla legge.
The paper aims to analyse the actual application of the law no. 24/2017 (“Gelli-Bianco” law) nearly seven years after its entry into force, following the implementation of the decrees compulsory to make effective the special and innovative insurance outlines regulated by the law.
1. L’endiadi “responsabilità-assicurazione” nella legge Gelli-Bianco - 2. La liquidazione del danno da medical malpractice - 3. L’obbligo di assicurazione - 4. Le «altre analoghe misure» e l’autoassicurazione - 5. L’estensione temporale della garanzia assicurativa - 6. L’azione diretta del soggetto danneggiato - 7. Il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria - NOTE
Il tema dell’attuazione del diritto primario alla salute (artt. 2 e 32 Cost.) attraverso il ricorso alle assicurazioni della responsabilità civile (artt. 1917 c.c. e 2, comma 3, ramo 13, c. ass.) [1] ha acquistato nell’ultimo decennio un pregnante rilievo in ragione degli importanti interventi normativi che, dapprima con la l. 8 novembre 2012, n. 189 (c.d. legge Balduzzi) e, soprattutto, con la l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco) hanno profondamente inciso sulla disciplina della responsabilità del medico e della struttura sanitaria. Se la legge Gelli-Bianco ha l’indiscusso merito di aver superato i dubbi interpretativi – sorti soprattutto in ordine alla portata del riferimento all’art. 2043 c.c. contenuto nella norma di cui all’art. 3 della legge Balduzzi – relativi alla natura giuridica della responsabilità del professionista e della struttura sanitaria [2], affermando positivamente il regime c.d. “a doppio binario” che profila responsabilità autonome e distinte per il medico (aquiliana) e per la struttura sanitaria (contrattuale, derivante ex lege ovvero dal contratto atipico di spedalità tra struttura ospedaliera e paziente), allo stesso tempo è rimasta, per quasi sette anni, sostanzialmente inefficace per quanto attiene al peculiare ed innovativo regime dei profili assicurativi disciplinato dalla legge, in assenza dell’emanazione della normativa secondaria (il cui termine per l’adozione, invero, è ampiamente elasso, in quanto sarebbe dovuta avvenire entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge) alla quale era rimessa l’efficacia di quasi tutti gli istituti che saranno esaminati in queste pagine. Solo con l’adozione del decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy (di concerto con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze) 15 dicembre 2023, n. 232 [3] il disegno riformatore può dirsi compiuto, per quanto, come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo del presente lavoro, la normativa secondaria contemplata dalla legge non sia stata completamente emanata. La legge Gelli-Bianco, nel riconoscere la sicurezza delle cure quale parte costitutiva del diritto alla salute, da perseguire nell’interesse dell’individuo e della collettività, individua quale mezzo per il raggiungimento di tali [continua ..]
Gli eccessivi risarcimenti a cui erano esposti personale medico e strutture sanitarie, con il conseguente atteggiamento difensivo degli stessi [11], ha indotto il legislatore ad introdurre anche nell’ambito della responsabilità civile sanitaria un meccanismo di limitazione del risarcimento del danno già utilizzato nel settore della circolazione stradale. L’art. 7, comma 4, della legge Gelli-Bianco (così come, in termini analoghi, già l’art. 3, comma 3, della legge Balduzzi) prevede che il danno non patrimoniale conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata [12], e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base del sistema tabellare per le lesioni di grande entità e di quelle cc.dd. micropermanenti – che ha posto non pochi dubbi di costituzionalità [13] – di cui agli artt. 138 e 139 c. ass. [14], [15], integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto art. 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all’attività sanitaria [16]. In primo luogo, deve osservarsi come al mancato richiamo anche all’art. 137 c. ass. debba conseguire l’assoggettamento del risarcimento del danno patrimoniale ai generali criteri di diritto comune [17]. Un’autorevole dottrina [18], nell’esprimere più di un dubbio sull’estensione di questi parametri liquidativi, ha puntualmente evidenziato come vi sia una differenza di ratio che giustifica una siffatta limitazione di responsabilità. Ciò costituirebbe, infatti, una misura di tutela ad esclusivo vantaggio della classe medica: a risarcimenti di minore entità conseguono minori premi assicurativi, mentre di nessun vantaggio gioverebbe il paziente danneggiato, il quale a differenza di quanto avviene nell’assicurazione r.c. auto non accetta nessun rischio né ha avuto sinora a disposizione l’azione diretta verso l’impresa di assicurazione [19]. E, non da ultimo, non sussiste nemmeno una bilateralità nell’obbligo di assicurarsi, oggi esistente solo in capo al professionista e alla struttura sanitaria (su cui si dirà infra al § 3) e non anche al paziente. Tantomeno vi è un obbligo a [continua ..]
Come accennato, la legge Gelli-Bianco pone in capo alle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private l’obbligo – non di tipo bilaterale – di copertura assicurativa (o di altre analoghe misure, su cui ci si soffermerà nel successivo paragrafo) per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d’opera (art. 10, comma 1). Detta copertura assicurativa deve operare anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione [33], aggiornamento nonché di sperimentazione e di ricerca clinica. L’obbligo assicurativo vige anche per le strutture che si avvalgono delle prestazioni sanitarie svolte in regime di intramoenia ovvero di convenzione con il Servizio sanitario nazionale [34] nonché attraverso la telemedicina [35]. Per il professionista che svolge la propria attività al di fuori di una delle predette strutture ovvero all’interno delle stesse in regime libero-professionale o per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente resta invece fermo l’obbligo di stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale di cui all’art. 3, comma 5, lett. e), del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito con modificazioni in l. 14 settembre 2011, n. 148) [36]. Il fascio di obblighi assicurativi previsti dalla legge Gelli-Bianco si completa con la previsione di cui al comma 3: giacché il sanitario dipendente risponde a titolo di responsabilità aquiliana nei confronti del paziente, egli è tenuto a stipulare, con oneri a proprio carico, un’adeguata polizza di assicurazione per colpa grave. La finalità di una siffatta assicurazione del dipendente è dichiarata dalla stessa disposizione e consiste nel garantire efficacia alle azioni di rivalsa [37] e di responsabilità amministrativa di cui all’art. 9 – che possono essere esperite solo in caso di dolo o colpa grave del professionista – nonché alla rivalsa dell’assicuratore in caso di esercizio dell’azione diretta da parte del danneggiato ex art. 12, comma 3. Nonostante l’emanazione del [continua ..]
Il profilo maggiormente significativo dell’obbligo di assicurazione di cui all’art. 10 della legge Gelli-Bianco è rappresentato dalla possibilità, riservata alle strutture sanitarie, di provvedere alla copertura del rischio con misure analoghe a quella assicurativa. Già nel sistema previgente alla legge Gelli-Bianco (art. 27, comma 1-bis, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90) [47] era stata introdotta la previsione di strumenti alternativi a quello assicurativo per le strutture sanitarie, che esplicitava quanto già previsto dall’art. 3-bis della legge Balduzzi in ordine alla gestione e monitoraggio dei rischi sanitari [48]. Il crescente ricorso alla medicina difensiva e all’eccessiva responsabilizzazione degli operatori ha determinato una notevole diminuzione dell’interesse delle imprese di assicurazione ad esercitare nel settore med-mal, con la conseguente difficoltà di reperimento di coperture assicurative adeguate all’effettiva esposizione del rischio, che si univano, comunque, a condizioni contrattuali sempre più gravose sia in termini economici che di garanzie. Di fronte ad un graduale ritiro delle imprese di assicurazione dal mercato, la problematica a ricorrere con efficacia allo strumento assicurativo ha progressivamente indotto molte pubbliche amministrazioni e aziende sanitarie ad optare per una gestione in house del rischio, adottando integralmente o parzialmente il modello della c.d. autoassicurazione [49]. Questa scelta si pone per ovviare alla totale o parziale mancanza di copertura assicurativa, spesso conclusa esclusivamente per porsi al riparo dei rischi catastrofali, stanziando in bilancio appositi accantonamenti volti a risarcire i danni causati per i sinistri minori. Nella prassi, deve però essere rilevato come molte amministrazioni abbiano scelto di adottare il c.d. no fault system, sistema pubblico di indennizzo che provvede ai risarcimenti indipendentemente dall’accertamento di una eventuale responsabilità dei sanitari, che ricondurrebbe così il danno oltre la responsabilità civile [50]. Un simile meccanismo, però, rischia di spostare i termini della problematica da una overdeterrence, un atteggiamento estremamente difensivo per evitare l’esposizione a danni a cui conseguano cospicui risarcimenti, ad una underdeterrence, non incidendo sulla [continua ..]
Tra le questioni maggiormente significative connesse all’assicurazione per la responsabilità civile professionale vi sono quelle relative alla clausola c.d. claims made (a denunzia fatta). Questa clausola, progressivamente affermatasi nell’intero settore dell’assicurazione r.c. professionale [60], porta seco indubbi vantaggi per assicuratore e assicurati, in relazione alle peculiarità proprie del rischio assicurato. Nonostante ciò, essa ha suscitato diverse perplessità circa la sua validità nonché sul fatto che espone il garantito a buchi di copertura [61]. A fronte della previsione dell’art. 1917, comma 1, c.c., le numerose evoluzioni nella società, specie in ambito legislativo, economico e tecnico-scientifico hanno determinato la crescita esponenziale del rischio di danni cc.dd. lungolatenti, con ciò intendendosi quelle fattispecie ove sussiste «un notevole scarto temporale tra condotta lesiva ed evento di danno, senza che vi sia stato medio tempore alcun mutamento dei fattori determinativi del rischio» [62]. Così, può accadere che gli effetti dannosi di una condotta che originariamente non assumeva caratteri di illiceità si producano a distanza di tempo. Spesso i sinistri sanitari sono sinistri latenti, ove il danno (che talora non è nemmeno possibile prevedere in tempo) si manifesta dopo lungo tempo rispetto al verificarsi dell’evento. Ciò può rivelarsi d’ostacolo per lo stesso assicurato, che può avere difficoltà a risalire alla copertura efficace al momento del sinistro. A fronte delle tradizionali polizze a copertura del fatto verificatosi durante il periodo di efficacia dell’assicurazione, per sostenere una simile evoluzione della responsabilità civile si è addivenuti alla previsione del meccanismo di garanzia della clausola claims made, la quale condiziona la copertura assicurativa alla circostanza che il sinistro venga denunciato durante il periodo di vigenza della polizza (o anche in un delimitato arco temporale successivo, qualora sia pattuita la c.d. sunset clause), traslando il rischio dal sinistro alla denuncia di esso. Senza approfondire una questione che, nell’ultimo decennio, ha suscitato le vivaci riflessioni di giurisprudenza [63] e dottrina [64], la legge Gelli-Bianco, all’art. 11, [continua ..]
Tra le novità maggiormente significative della legge Gelli-Bianco vi è sicuramente anche l’azione che il danneggiato può direttamente esperire nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria – sia per la copertura per la responsabilità civile verso terzi, sia per quella verso i prestatori d’opera [70] – ovvero di quella del professionista (art. 12). Pure l’efficacia di tale istituto era subordinata all’entrata in vigore del decreto ministeriale sui requisiti minimi delle polizze assicurative, col quale dovevano altresì essere individuate le eccezioni derivanti dal contratto opponibili al danneggiato per l’intero massimale di polizza. Il danneggiato – ma anche il coniuge, lo stabile convivente di fatto, gli eredi legittimi [71] e i parenti fino al quarto grado [72], nonché il datore di lavoro [73] e financo il nascituro [74] – può esperire l’azione diretta solo nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura alle strutture ex art. 10, comma 1, della legge Gelli-Bianco e all’esercente la professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo. Nel sistema assicurativo tratteggiato dalla legge Gelli-Bianco, l’esperibilità dell’azione diretta resta dunque esclusa per l’assicurazione per colpa grave dei professionisti operanti nelle strutture sanitarie di cui all’art. 10, comma 3, che rimane soggetta alla disciplina comune dell’art. 1917, comma 4, c.c., con l’assicurato convenuto nel giudizio risarcitorio che potrà chiamare in garanzia il proprio assicuratore [75]. Disciplina che, inevitabilmente, fino all’adeguamento dei contratti in virtù dell’entrata in vigore del decreto attuativo rimarrà l’unica applicabile per qualsiasi azione di risarcimento del danno da medical malpractice [76]. L’esperibilità dell’azione è soggetta alle condizioni di procedibilità, alternative tra loro, di cui all’art. 8 della legge Gelli-Bianco: il ricorso per consulenza tecnica preventiva (ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c.) ovvero il procedimento di mediazione ex art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Nel caso in cui venga preferita dal legittimato attivo la prima delle due condizioni [continua ..]
L’art. 14, comma 1, della legge Gelli-Bianco, infine, completa l’assetto assicurativo della responsabilità medica con l’istituzione del Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. Il Fondo, alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria, verrà gestito dalla Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici s.p.a.) a seguito di apposita convenzione di affidamento conclusa con il Ministero della Salute. Anche la legge Balduzzi contemplava un simile istituto, la cui costituzione però era rimessa a un d.P.R. attuativo della disposizione, mai adottato [97]. Pure nel sistema attuale la legge ha demandato la regolamentazione di diversi aspetti, tutt’altro che di dettaglio, a fonti secondarie (un decreto del Ministero della salute, di concerto con i Ministeri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, che doveva essere adottato entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge) la cui mancata emanazione non consente, ad oggi, di apprezzare compiutamente i suoi caratteri né operare preventive valutazioni sul suo funzionamento. Pertanto, la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria, le modalità di versamento del medesimo contributo, i principi cui dovrà uniformarsi la convenzione tra il Ministero della salute e la Consap e le modalità di intervento, di funzionamento e del regresso del Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro rimangono ancora sul piano delle intenzioni, senza che all’orizzonte s’intravveda alcuna iniziativa al riguardo [98]. L’affiancamento del Fondo di garanzia all’obbligo assicurativo ricalca, anche in questo caso, il modello della assicurazione r.c. auto, nonché di quella della responsabilità per l’esercizio dell’attività venatoria. Così come per i fondi previsti dagli artt. 285 e 303 c. ass., deve ritenersi che si tratti di una forma di garanzia integrativa posta a carico della collettività, finalizzata a risarcire nell’ottica del principio di solidarietà [continua ..]