Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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Trasparenza ed informazione dei contratti dell'impresa di assicurazione. La prospettiva dell'analisi economica del diritto (di Claudio Russo, Associato di Diritto dell'economia, Università di Roma, La Sapienza)


Trasparenza ed informazione sono concetti che si collocano oggettivamente e soggettivamente su piani diversi, attenendo il primo al testo contrattuale predisposto dall’impresa – con particolare riguardo, in materia assicurativa, al suo contenuto economico – e il secondo agli obblighi gravanti in primo luogo sull’assicurando/assicurato. L’analisi economica del diritto costituisce un metodo complementare di indagine per valutare il fondamento economico delle regole preposte al loro funzionamento, inducendo l’interprete ad interrogarsi anche sulla ratio profonda delle deroghe rispetto alla disciplina generale del contratto.

Transparency and information of the company's contracts of insurance. The perspective of the economic analysis of law

Transparency and information are concepts that are placed objectively and subjectively on different levels, the first relating to the contractual text prepared by the company - with particular regard, in insurance matters, to its economic content - and the second to the obligations imposed primarily on on the insured/insured. The economic analysis of the law constitutes a complementary method of investigation to evaluate the economic basis of the rules responsible for their functioning, inducing the interpreter to also question the profound rationale of the exceptions with respect to the general regulation of the contract.

SOMMARIO:

1. Premessa di ordine sistematico - 2. Trasparenza ed informazione. Profili generali - 3. La regola di trasparenza nei contratti prestati dall’impresa di assicurazione - 4. Una valutazione in chiave giureconomica degli obblighi informativi gravanti sull’assicurando, sul contraente e sull’assicurato - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa di ordine sistematico

Per affrontare adeguatamente il tema prescelto, è necessario svolgere alcune precisazioni preliminari di ordine sistematico al fine, soprattutto, di solcare i confini e chiarire il contenuto della ricerca che ci si accinge a svolgere. A tale fine, è quindi necessario sottolineare, innanzi tutto, che l’analisi economica del diritto non si è mai proposta come una scienza esatta – originandosi da una constatazione, il cd. teorema di Coase, dichiaratamente teorico, che certo non si proponeva tale finalità – ma solo quale metodo complementare di indagine [1]. In questa prospettiva, la necessaria, e non sempre facile, interazione tra la cultura giuridica e l’analisi economica in senso stretto, è sfociata essenzialmente in un potenziamento delle capacità di verifica della corretta interpretazione da dare agli istituti di volta in volta oggetto di verifica. Consegnare all’interprete un articolato strumentario di analisi di origine economica ha, infatti, spinto gli studiosi oltre l’approccio “tradizionale” della categorizzazione e della tipizzazione ed a ricercare una metodologia per valutare l’effi­cienza della norma o delle clausole sottoposte ad indagine. L’iniziale diffidenza verso quella che, ad una riflessione più matura, si potrebbe definire non già una novella ermeneutica – sono infatti più che noti gli studi che avevano condotto da tempo alla definizione della clausola del contratto come la funzione economico sociale da questo assolta – è dipesa essenzialmente da due fattori. In primo luogo, dalle profonde differenze tra i sistemi di code law e di common law, in cui la stessa nozione di “diritto” è differente, e ancora prima dalla marcata tendenza dei giureconomisti d’oltre­oceano a ritenere, in modo più o meno dichiarato, la superiorità dell’econo­mia sul diritto [2]. La celebre affermazione Posneriana “Economics is not a theory about consciousness” [3] ne costituisce in qualche modo il manifesto, ma a mio sommesso avviso deve essere rifiutata. Ed infatti, trascurare la necessaria e reciproca interazione tra diritto ed economia, finendo per affermare che tutto può spiegarsi in base ai soli principi della wealth maximization, significa ignorare ingiustificatamente che esistono altri elementi da tenere presenti nella [continua ..]


2. Trasparenza ed informazione. Profili generali

La regola di trasparenza e gli obblighi informativi si collocano su piani contigui ma nettamente distinti sul piano concettuale. Ed infatti, mentre i profili informativi sono all’origine di obblighi comportamentali imposti alle parti, la regola di trasparenza, nelle sue variegate formulazioni, si riferisce esclusivamente al regolamento contrattuale, di cui fissa i criteri di redazione ed impone la valutazione in previsione dell’appli­cazione delle sanzioni previste dalle norme di riferimento. Potrebbe obbiettarsi che anche l’obbligo di redigere un testo contrattuale trasparente costituisce, appunto, un obbligo (o comunque un dovere) comportamentale. Per quanto ineccepibile su un piano formale, l’eccezione finirebbe tuttavia per svalutare il profilo più significativo di tale disciplina, vale a dire che alla stregua delle norme dettate in tema di trasparenza, il regolamento negoziale assume un rilievo autonomo ed è valutato in sé, a prescindere dallo stato soggettivo, e quindi da un comportamento, del predisponente [9]. Questo ovviamente non significa che i profili informativi non abbiano alcun punto di interferenza con la regola di trasparenza. Al contrario, le modalità di redazione cui è chiamata l’impresa contribuiscono in modo decisivo al conseguimento di un adeguato livello di trasparenza e ciò, come vedremo meglio in seguito, è particolarmente evidente proprio in materia assicurativa. Chiarito il rapporto tra i due concetti, e passando all’esame dell’ambito di operatività della regola di trasparenza, è opinione diffusa che essa debba essere ricondotta all’alveo delle norme a tutela del contraente debole (9). L’approccio sembra tuttavia riduttivo [10], e la conferma di tale sensazione si ricava da un esame proprio delle norme dettate al riguardo del Codice del Consumo, vale a dire delle norme sulla trasparenza che vengono ritenute “finali” per la loro particolare forza precettiva. Come rilevato sin dai primi commentatori, infatti, soggiacciono alla disciplina sulle clausole abusive non soltanto i contratti standard ma anche quelli predisposti ad hoc dal contraente professionista per una singola operazione [11]. Si tratta di un punto di approdo particolarmente significativo perché, da un lato, conferma la vigenza della regola di trasparenza nell’ambito di tutti i contratti predisposti, e [continua ..]


3. La regola di trasparenza nei contratti prestati dall’impresa di assicurazione

Dal punto di vista dell’EAL, la regola di trasparenza attiene alla conoscibilità e comparabilità non solo del testo contrattuale, quest’ultimo inteso come il complesso delle clausole che lo compongono, ma anche dei profili economici dell’intera operazione realizzata mediante la sua stipulazione. Con riguardo al primo profilo, la risposta del nostro ordinamento sembrerebbe a prima lettura efficiente, attese le regole dettate dagli artt. 119-bis, 121-sexies, comma 3, 166, 183 ss. e 191 cod. ass., dai reg. IVASS nn. 40 e 41, dalle Linee Guida elaborate nel 2018. Questo ovviamente fermo restando che, una volta acquisita consapevolezza del fatto che i contratti assicurativi sono “naturalmente” intermediati, è necessario prendere in considerazione anche le regole – nel nostro caso di trasparenza, a cui sono asserviti anche precisi obblighi informativi posti a carico degli intermediari – preposte al loro collocamento. Nella prospettiva dell’EAL, tuttavia, è necessario sottolineare prima di precedere alla disamina delle singole disposizioni, due aspetti pacificamente sottesi all’adozione delle norme – primarie e secondarie – del settore assicurativo: vale a dire, la scarsa propensione del cliente a non “leggere” il contenuto del contratto e la sua attitudine a comparare i prodotti attraverso la sola considerazione del loro prezzo (il premio) [14]. La regola di trasparenza, quindi, si arricchisce di contenuti nel settore assicurativo dovendo garantire non solo la leggibilità delle clausole, ma anche una finalità ulteriore, o comunque più “avvertita”, rispetto ai normali contratti di scambio: la trasparenza/composizione del premio di tariffa applicato e, nei contratti vita a spiccata valenza finanziaria, lo sviluppo o il presumibile sviluppo delle prestazioni dovute dall’assicuratore, vale a dire, due profili le cui componenti tecniche non sono normalmente comprensibili ai non addetti. Per i contratti di assicurazione, quindi, la regola di trasparenza postula la conoscibilità e confrontabilità non soltanto del testo contrattuale, inteso come insieme delle regole che disciplinano il singolo rapporto, ma soprattutto dei profili economici, tradendo in alcuni settori caratterizzati da una elevata standardizzazione, l’aspirazione (non sempre conseguita, va ammesso) ad una omogeneizzazione dei testi [continua ..]


4. Una valutazione in chiave giureconomica degli obblighi informativi gravanti sull’assicurando, sul contraente e sull’assicurato

Nella ricerca del fondamento economico di tali disposizioni, l’interprete deve affrontare una scelta preliminare: avere riguardo alla aleatorietà del contratto, valutandone l’incidenza sugli equilibri del singolo rapporto, o tentarne una interpretazione nel contesto del sistema delle dichiarazioni non solo precontrattuali inerenti il rischio. A mio avviso [15], mai come in questo caso la scelta del metodo presupporrebbe delle valutazioni “a monte” sui possibili risultati della disamina. Per evitare quindi che l’assioma da dimostrare prevalga sulla correttezza del­l’approccio, ci si porrà in entrambe le prospettive allo scopo di confrontare le conclusioni conseguite a seguito di ciascuna indagine e di trarne le dovute conseguenze sul piano sistematico. Procedendo nel senso indicato, una parte della dottrina [16] ha da tempo sottolineato che l’incertezza dell’equilibrio contrattuale finale che caratterizza il contratto di assicurazione, pone ai contraenti il problema, peculiare ai contratti aleatori, di determinare un equilibrio economico iniziale certo, che consenta di valutare la reciproca convenienza del regolamento negoziale. Questo risultato, si continua, si ottiene soltanto attraverso la determinazione della misura del rischio contrattuale, che dipende in massima parte dalla veridicità delle dichiarazioni rese dall’assicurando al momento della stipulazione. Per conseguire questo obiettivo, si prosegue, il sistema preordinato dal Codice civile è profondamente diverso da quello dell’art. 429 cod. comm. che, fondandosi sulla disciplina dell’errore, non toccava l’equilibrio contrattuale e poneva la sola alternativa tra la conservazione integrale e l’elimina­zione del rapporto contrattuale. Gli artt. 1892 e 1893 c.c. introducono invece una disciplina differenziata a seconda che ricorra o meno il dolo o la colpa grave dell’assicurando, disponendo nel secondo caso un riequilibrio automatico del rapporto, con la riduzione della somma assicurata in base alla proporzione tra il premio percepito e quello che sarebbe stato applicato se l’assicuratore avesse conosciuto la reale situazione di rischio. L’art. 1893 c.c. interviene sullo stesso assetto degli interessi negoziali, eliminando le conseguenze delle dichiarazioni inesatte e/o reticenti ed adattando la prestazione dell’assicuratore in base a criteri [continua ..]


5. Conclusioni

Quanto sin qui sinteticamente esposto sul fondamento economico delle disposizioni contenute nel codice civile, consente di affermare conclusivamente che non solo i concetti di trasparenza ed informazione non costituiscono componenti di una endiade, hanno una riferibilità soggettiva affatto diversa, gravando una sull’impresa e gli altri sul cliente, quale che sia la posizione da esso di volta in volta ricoperta. Ciò tuttavia non impedisce una loro valutazione unitaria in termini di efficienza in quanto asserviti al soddisfacimento di due esigenze distinte ma convergenti: il migliore funzionamento del mercato in termini di conseguimento di un ciclo virtuoso di competizione e di contenimento del livello dei premi dei prodotti, e la tutela dei principi gestionali delle imprese di assicurazione garantita dalla possibilità di calcolare esattamente i premi in relazione a rischi che devono convergere in una massa di rischi la cui omogeneità dipende in modo pressoché esclusivo dalla veridicità della loro descrizione e gestione da parte del cliente, di cui viene giustamente posta in primo piano la relazione di prossimità. In un quadro ideale, l’elevato grado di standardizzazione che caratterizza i contratti assicurativi finisce infatti per giovare sia all’impresa (in termini di risparmio dei costi dei flussi informativi tra i dipartimenti e di corretto calcolo dei premi) che al cliente, il cui premio finirebbe per approssimarsi notevolmente a quello medio applicato (su basi tecniche esatte) alla massa dei contratti in cui viene inserito. Ma, va subito detto, pur essendo le norme del codice civile, del codice delle assicurazioni e degli stessi Regolamenti IVASS astrattamente efficienti, ciò non significa che il fine ultimo perseguito sia stato ancora raggiunto, come peraltro anche di recente denunciato dalla stessa Autorità di vigilanza. Le ragioni sono legate, a mio sommesso avviso, sia agli elevatissimi costi di una revisione pressoché totale dei modelli contrattuali in uso su un mercato – oltretutto da fare convergere su testi condivisi per consentire la confrontabilità – sia alla sostanziale ineliminabilità dei fenomeni di moral hazard e di azione nascosta, cui vanno infine aggiunta le denunciate difficoltà di individuare un punto di equilibrio “accettabile” tra il fenomeno di standardizzazione che caratterizza i contratti [continua ..]


NOTE