Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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“Tra il dire e il fare”: la polizza infortuni tra il principio indennitario e la sua natura di contratto socialmente tipico (di Maurizio Hazan, Avvocato in Milano)


Con sentenza n. 2894 dell’11 aprile 2023, il Tribunale di Milano torna sulla vexata quaestio della natura della polizza Infortuni, con particolare riguardo all’inquadramento della stessa all’interno delle garanzie del ramo danni, con conseguente assoggettabilità al cd “principio indennitario”. Il tema è di grande impatto pratico in quanto attiene all’operatività della regola della “compensatio lucri cum damno” e al divieto di cumulo tra indennizzo assicurativo e risarcimento civilistico; divieto che, proprio in applicazione di tali principi, parrebbe doversi affermare ogni qualvolta un dato infortunio sia da ricondurre alla responsabilità di un terzo danneggiante.

Si tratta di una pronuncia che, per propria stessa ammissione, si pone in contrasto con quanto affermato in proposito, qualche anno prima, dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale (sezione III civile n. 13233/2014), muovendo da quanto sostenuto dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza n. 5119 del 2002, aveva predicato la necessità di distinguere tra infortuni mortali e infortuni non mortali e affermato, quanto a questi ultimi, la presenza di una funzione indennitaria tale da negare la possibilità di cumulo tra indennizzo e risarcimento.

Affermando il proprio pieno disaccordo verso tale impostazione, il Tribunale di Milano sostiene la necessità di inquadrare la polizza infortuni in termini unitari e di ritrarne la qualificazione in funzione della natura sostanzialmente “previdenziale” che ne governa il funzionamento rendendola assimilabile ad una copertura del rischio vita ed escludendo l’applicazione del principio indennitario. Sullo sfondo, e anzi in primo piano, la necessità di compiere un’analisi dell’assetto negoziale sul piano della sua “causa in concreto”, espressa – in modo sostanzialmente uniforme nella prassi di mercato – nella clausola di rinuncia dell’assicuratore alla surrogazione prevista dall’art. 1916 c.c. Rinuncia che, perfettamente lecita, in tanto assume significato in quanto “libera” il diritto dell’assicurato ad agire verso il terzo responsabile, consentendogli di cumulare il risarcimento all’indennizzo (e non defalcando il secondo dal primo). Il presente articolo commenta la sentenza del Tribunale di Milano, condividendone la soluzione, anche se attraverso argomenti non del tutto coincidenti, e cogliendo l’occasione per una ampia ricognizione sullo sviluppo del dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla natura e disciplina della polizza infortuni.

“Between saying and doing”: the accident policy between “principle of indemnity” and social security purpose of contract

The Court of Milan, by judgement no. 2894 of April 11, 2023, returns to focus on the “vexata quaestio” concerning the qualification of the Accident Policy, with particular reference to its framing under the non-life insurance guarantees and the consequent subjection to the “principle of indemnity”.

The issue has relevant practical implications since it concerns the principle of “compensatio lucri cum damno” and the consequent exclusion of summing insurance indemnity and civil compensation; such exclusion, in application of these principles, would seem to have to be affirmed whenever a given accident is to be attributed to the liability of a third-party damaging party.

The aforementioned decision is intended to raise an open and declared conflict with the principle affirmed by the sentence no. 13233/2014 issued by the Supreme Court of Cassation in this regard which, moving from the well-known rule held by the decision no. 5119/2002 of the Supreme Court of Cassation with joint sections, affirmed that it was necessary to distinguish between fatal and non-fatal injuries and affirmed, as to the latter, the existence of an indemnity purpose in order to exclude the possibility of summing indemnity and compensation.

The Court of Milan, in disagreement with this approach, deems it necessary to qualify the policy unitarily and to consider it according to the social security purpose, similarly to a life risk coverage and excluding the application of the indemnity principle. In the background, and indeed in the foreground, it occurs to verify the structure of the policy in order to investigate the effective social and economical purpose as expressed – consistently in market practice – in the provision of insurer’s waiver of subrogation set forth in Article 1916 of the Italian Civil Code. Said waiver, definitely lawful, is relevant since it makes the insured party free to claim against the third liable party, thus allowing him to cumulate the compensation with the indemnity (without the exclusion of the latter from the former).

This article intends to comment on the Court of Milan judgement, taking the opportunity to endorse its findings, even if sometimes through different arguments.

 

PROVVEDIMENTO: 1. Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato P.B. conveniva in giudizio S.P. e il Comune di Milano per chiederne la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in seguito ad un’aggressione a lui occorsa in data 18.9.2016. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Comune di Milano, chiedendo il rigetto delle domande attoree in quanto infondate e, in subordine, l’accertamento del concorso dell’attore nel verificarsi dell’evento. (Omissis). Con ordinanza emessa fuori udienza in data 23.6.2021 il Giudice disponeva CTU-medico legale sulla persona dell’attore e, accogliendo l’istanza ex art. 210 c.p.c. proposta dal convenuto Comune di Milano, ordinava all’attore e alla Zurich Insurance PLC di depositare copia della polizza assicurativa stipulata dalla predetta compagnia con il sig. P.B., nonché la quietanza comprovante l’avvenuto pagamento in favore di quest’ultimo dell’indennizzo assicurativo corrisposto per l’infortunio occorso in seguito all’aggressione del 18.9.2016. All’udienza del 23.2.2022, accertato l’avvenuto deposito della predetta documentazione da parte della Zurich Insurance PLC, le parti concordemente davano atto che la compagnia assicuratrice aveva versato all’attore in data 15.11.2017 la somma di euro 27.000,00 a titolo di indennizzo. Alla stessa udienza, il Giudice invitava le parti a conciliare la lite e rinviava per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 20.9.2022. All’udienza del 20.9.2022, il Giudice, fatte precisare dalle parti le proprie conclusioni, concedeva alle stesse termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e, alla scadenza dell’ultimo termine, tratteneva la causa per la decisione. 2. Sull’an debeatur Il sig. P.B. agiva in giudizio al fine di far accertare la responsabilità di S.P. e del Comune di Milano per l’aggressione da lui subita in data 18.9.2016. Esponeva, in particolare, l’attore che, nella data suindicata, mentre si trovava nel proprio appartamento sito a Milano, Piazza Castello, udiva musica ad alto volume provenire dalla pubblica via ove S.P. – un artista di strada, autorizzato dal Comune di Milano ad esibirsi in loco (come da aut. n. (omissis), di cui al doc. 5 allegato alla citazione) – stava intrattenendo il pubblico con alcuni “balletti”. Sicché, il sig. P.B., infastidito dal rumore, usciva dalla propria abitazione e invitava il convenuto S.P. ad abbassare il volume, il quale tuttavia reagiva in modo aggressivo, dapprima rivolgendo insulti all’attore e, in un secondo momento, colpendolo con un violento pugno al volto. In conseguenza della colluttazione, interveniva immediatamente il personale di Polizia Locale già presente sul posto che provvedeva a redigere [continua..]
SOMMARIO:

1. Le polizze a tutela della “persona” e la funzione sociale della moderna assicurazione danni - 2. La polizza infortuni quale contratto “socialmente tipico” e l’incrocio con la disciplina codicistica del contratto assicurativo - 3. Brevi (e non esaustive) riflessioni sul principio indennitario - 4. Il prodromo: la posizione delle Sezioni Unite del 2002 - 5. Un balzo in avanti: dalla sentenza n. 13233 del 2014 (Cassazione, sez. III) alle sentenze gemelle delle Sezioni Unite in tema di compensatio lucri cum damno - 6. La sentenza del Tribunale di Milano n. 2894 dell’11 aprile 2023 - 7. Tra questione di “tipo” (socialmente definito) e ruolo (ribaltato) della causa in concreto - NOTE


1. Le polizze a tutela della “persona” e la funzione sociale della moderna assicurazione danni

In tempi in cui il sostegno alla salute costituisce un’esigenza (se non “l’esigenza”) sociale primaria, le assicurazioni assolvono, almeno potenzialmente, un compito centrale nella costruzione di un modello di welfare privato che consenta di affiancare e sostenere un sistema pubblico che mostra segni crescenti di fragilità strutturale. In questo contesto, le c.d. “polizze di protezione della persona” potrebbero (o dovrebbero) conoscere periodi di nuovo sviluppo e successo proprio nel campo della tutela degli eventi della vita e della salute, con particolare riferimento alla non autosufficienza e alle gravi malattie, anche se derivanti da infortunio. Tali forme di copertura [1] (malattia, infortuni, LTC e così via) possono rientrare tanto in programmi di protezione propri del ramo vita quanto del ramo danni a seconda delle diverse modalità di gestione del rapporto contrattuale e di erogazione della prestazione, al ricorrere dell’evento dedotto in polizza. Manca tuttavia, nel nostro ordinamento, una definizione e una disciplina propria delle assicurazioni della persona. Si intendono per tali, nella prassi, quelle garanzie assicurative che, non riguardando “cose” o (direttamente) il patrimonio, hanno, in talune configurazioni negoziali, la finalità di proteggere l’assicurato da eventi pregiudizievoli che colpiscono la sua integrità psicofisica, dando luogo a conseguenze dannose vuoi sotto il profilo della compromissione della salute in sé considerata vuoi in considerazione delle ricadute socio/e­co­nomiche della diminuita integrità. In questo ambito si collocano, dunque, variegate articolazioni di garanzia volte a genericamente sostenere ed assistere la “persona” dell’assicurato quando abbia subito, in corso di polizza, una compromissione, stabile o transitoria, delle proprie condizioni di salute, con conseguente riduzione, permanente o temporanea, della propria validità ed abilità psicofisica. Il pensiero corre, innanzitutto, alle polizze “infortuni” che costituiscono un importante segmento dell’attuale mercato assicurativo del ramo danni e che mirano, primariamente, a garantire all’assicurato, in caso di infortunio, l’erogazione di prestazioni in danaro commisurate, da un lato, all’entità dell’infortunio subito e, dall’altro, al valore [continua ..]


2. La polizza infortuni quale contratto “socialmente tipico” e l’incrocio con la disciplina codicistica del contratto assicurativo

Nel modello tralatiziamente in uso, la polizza infortuni ha ad oggetto la corresponsione a favore degli assicurati, o degli aventi diritto, di un importo (indennizzo) al verificarsi di un infortunio rientrante nell’ambito di copertura del contratto. Tale importo viene determinato in ragione della tipologia delle conseguenze dell’infortunio (mortale, non mortale, da invalidità permanente o temporanea) e calcolato in funzione del valore assicurato e degli altri parametri e criteri di computo stabiliti in contratto. Possono essere previsti anche il rimborso delle spese di cura conseguenti all’infortunio nonché la corresponsione di una diaria (nella misura indicata in polizza) per ciascun giorno di ricovero o di applicazione di eventuali gessature. In assenza di un’organica disciplina normativa (a parte l’estensione della surrogazione alle “assicurazioni contro le disgrazie accidentali” prevista dall’art. 1916, comma 4 e la classificazione “amministrativa” di cui all’art. 2 del codice assicurazioni) è proprio la disamina della prassi a restituirci alcuni elementi negoziali tanto ricorrenti da integrare, a parere di chi scrive, il modello “socialmente tipico” di riferimento. Tra questi il fatto che il valore dell’indennità è liberamente fissato dalle parti in base all’aspettativa di sostegno economico nutrita dall’assicurato in caso di evento/sinistro e alla disponibilità, da parte della compagnia, di assumere il relativo rischio; e, dunque, in modo sostanzialmente analogo a quanto avviene nei contratti del ramo vita. In nessun caso si fa riferimento al principio indennitario o alla misura del danno civilisticamente risarcibile: si tratta del resto di valutazioni che, almeno in parte, attengono al (dis)“valore” della (compromissione) della salute o della vita, raramente infiltrate dall’incidenza patrimoniale della lesione sulla abilità lavorativa e perciò per lo più insuscettibili di esser quantificate in termini (chimericamente) esatti in base a riferimenti uniformi, socialmente conosciuti e riconosciuti. Ciò almeno nella maggior parte dei casi, non potendosi escludere che una data polizza infortuni sia dichiaratamente riferita al valore normativo (o para normativo) del danno alla salute, così come stabilito dalle tabelle di legge o dagli indici pretori, assoggettandosi [continua ..]


3. Brevi (e non esaustive) riflessioni sul principio indennitario

[14] Occorre dunque verificarlo, quel sillogismo, e provare ad analizzare criticamente la tesi secondo la quale, una volta ricondotto al ramo danni, un contratto assicurativo, lo stesso non possa davvero mai sottrarsi all’inderogabile operatività della regola indennitaria. E se quest’ultima sia tanto stringente da interferire con l’eventuale rapporto extra-assicurativo tra assicurato e terzo responsabile. Potrebbe infatti argomentarsi che la stessa portata oggettiva del principio indennitario meriti di esser considerata in modo meno fideistico ed assoluto di quanto il più delle volte avviene. Cerchiamo dunque di tracciarne le coordinate. L’art. 1882 c.c. definisce l’assicurazione contro i danni come quel contratto «col quale l’assicuratore si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno prodotto da un sinistro». È dunque lo stesso art. 1882 c.c. a chiarire come l’ob­bligazione in capo alla compagnia di rivalere l’assicurato debba essere assolta entro i limiti convenuti, cioè nei termini, modi e limiti previsti dal contratto. “Entro i limiti convenuti” è formula diversa rispetto a “nella misura convenuta”, che potrebbe autorizzare un indennizzo anche superiore alla misura della riparazione civilistica del danno. Il che equivale a dire che la detta prestazione potrebbe essere limitata, per patto contrattuale (ad es., attraverso l’introduzione di clausole di scoperto o di franchigia), ad una quota parte della valutazione “civilistica” del danno dedotto in polizza [15]. Quel che invece non dovrebbe accadere – e in ciò risiede il rispetto del principio indennitario – è che, all’esito del pagamento dell’indennizzo, il patrimonio dell’as­sicurato sia maggiore rispetto alla sua condizione antecedente alla verificazione dell’evento dedotto in polizza: il contratto assicurativo deve essere scevro da un fine di lucro puramente dipendente dalla sorte. Il principio indennitario rappresenta dunque presidio di riparo dello strumento assicurativo da distorsioni applicative che finirebbero per snaturarne la causa, trasformando il contratto stesso da negozio finalizzato al trasferimento di una certa alea in un meccanismo di speculazione economica, prossimo, quando non (in certi casi) coincidente, alla scommessa. All’interno del set di [continua ..]


4. Il prodromo: la posizione delle Sezioni Unite del 2002

La delicatezza dell’argomento ha già nel 2002 sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite, le quali venivano investite della decisione relativa all’applicabilità alla polizza infortuni dell’art. 1910 c.c.; questione che risentiva, ancora una volta, del più generale problema dell’inquadramento sistematico di quella copertura. Il caso riguardava la pretesa di un’assicurata di ottenere, in forza di una garanzia infortuni, un indennizzo che le era stato negato da più compagnie ai sensi dell’art. 1910 c.c. Più precisamente, gli enti assicuratori convenuti, assumendo la piana riconducibilità del contratto nell’alveo del ramo danni, eccepivano che l’indennità non fosse dovuta per avere l’attrice taciuto di aver stipulato altre polizze per lo stesso rischio con altri assicuratori. Dopo aver sottolineato la profonda diversificazione dei rischi sottesi alla copertura infortuni e distinto quelli mortali da quelli non mortali, le Sezioni Unite hanno sostenuto la tesi secondo la quale quella garanzia doveva ossequiare una disciplina non unitaria bensì «di tipo misto, da ricavare prevalentemente dalla disciplina dettata per l’assicurazione contro i danni, nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un infortunio che abbia determinato inabilità od invalidità, ovvero prevalentemente dalla disciplina dettata per l’assicu­razione sulla vita, nel caso in cui venga in linea di conto un infortunio mortale». L’utilizzo dell’avverbio “prevalentemente” dimostra, ab imis, la difficoltà di licenziare una soluzione netta e convincente. Ciò nondimeno, sintetizzando i propri assunti, la Corte ha affermato il principio secondo il quale: «Alla assicurazione contro le disgrazie accidentali (non mortali), in quanto partecipe della funzione indennitaria propria dell’assicurazione contro i danni, va estesa l’applicazione dell’art. 1910 c.c., trattandosi di norme dettate a tutela del principio indennitario, per evitare che, mediante la stipulazione di più assicurazioni per il medesimo rischio, l’assicurato, ottenendo l’indennizzo da più assicuratori, persegua fini di lucro conseguendo un indebito arricchimento […] Deve tuttavia ritenersi inapplicabile all’ipotesi di assicurazione contro gli infortuni mortali la disciplina dettata [continua ..]


5. Un balzo in avanti: dalla sentenza n. 13233 del 2014 (Cassazione, sez. III) alle sentenze gemelle delle Sezioni Unite in tema di compensatio lucri cum damno

[25] Mirando a tranciare il nodo di ogni titubanza interpretativa sulla natura di tali coperture, la sentenza della Suprema Corte n. 13233/2014 muove dalle conclusioni a cui le Sezioni Unite erano pervenute, e dunque dall’assunto di dover individuare all’interno del medesimo tipo contrattuale due diverse categorie di rischio (riconducibili alla distinzione tra infortuni mortali e non mortali). Dopo aver perciò ribadito che la garanzia infortuni, quando non comprende il rischio di morte, rientra tra le assicurazioni del ramo danni e rimane assoggettata al principio indennitario, la pronunzia compie un cospicuo “salto in avanti”, affrontando espressamente il tema del concorso tra l’indennizzo dovuto in forza di contratto e l’eventuale diritto risarcitorio che l’assicurato potrebbe vantare nei confronti di terzi “responsabili”, ogni qualvolta l’infortunio (non mortale) sia loro ascrivibile. E lo risolve perentoriamente, affermando che il risarcimento del danno dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell’importo da questa percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni (e viceversa) [26]. Posto in questi termini, il principio di diritto affermato dal ricorrente pareva fondarsi su di un semplice sillogismo, totalmente incentrato sulla natura (asseritamente non indennitaria) della copertura infortuni. E su questo argomento la sentenza in commento ha risposto con altrettanta semplicità, distinguendo gli infortuni mortali da quelli non mortali ed affermando che, a differenza dei primi, questi ultimi non rientrano tra le assicurazioni sulla vita. Del tutto conseguentemente, se «l’assicurazione contro gli infortuni non mortali è soggetta alla disciplina delle assicurazioni contro i danni, in caso di infortunio l’assicurato non potrà cumulare l’indennizzo dovuto per effetto di essa, con il risarcimento dovuto dal terzo responsabile dell’infortunio». La motivazione del Giudice di legittimità, atteso il ristretto angolo visuale dell’impugnativa, avrebbe forse potuto fermarsi qui. Sennonché, assecondando un approccio critico a più largo respiro ed esigenze di analisi più acute, la pronuncia in commento percepisce l’insufficienza di quel sillogismo, ben potendosi ipotizzare che il principio indennitario, quand’anche [continua ..]


6. La sentenza del Tribunale di Milano n. 2894 dell’11 aprile 2023

 [30] Secondo il giudice milanese indennizzo assicurativo e risarcimento si possono certamente cumulare, specie quando la polizza prevede – come di solito avviene – la rinuncia alla surrogazione ex art 1916 c.c. da parte della Compagnia [31]. Il ragionamento, complesso, posto alla base della motivazione mira a confutare, punto per punto, le argomentazioni svolte nel 2014 dalla Suprema Corte. E così – si legge nella sentenza – si dovrebbe in primo luogo considerare che la polizza infortuni ha per oggetto pregiudizi alla persona e poco si attaglia alle regole che governano il principio indennitario e che risulterebbero invece esser state scolpite dal codice civile per l’assicurazione di danni a cose. Già in passato, del resto, la Suprema Corte (sentenza n. 2915/1968) aveva rimarcato che il “corpo umano è un bene tutt’affatto particolare, rispetto al quale, per la considerazione etica che i paesi civili hanno della vita umana, non è configurabile un puro e semplice contratto di indennità come efficace strumento di riparazione del danno prodottosi”. E infatti, la persona umana non è suscettibile di attribuzione di un valore stabilito oggettivamente da tutti i contraenti. E ciò prescinde dall’esistenza delle Tabelle di liquidazione del danno alla persona che vengono utilizzate nell’ipotesi in cui si configuri un danno non patrimoniale: esse, infatti, fungono solo da criterio convenzionale a cui ancorare la valutazione equitativa del giudice ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c. Il che esclude che alla polizza infortuni possa applicarsi il set normativo che il codice civile ha concepito (si pensi in particolare agli artt. 1906 ss. c.c.) riferendosi al rischio di perimento o danneggiamento di “cose”. Ma al di là delle questioni teoriche di ordine generale è anche, e soprattutto, sul piano della ricognizione della causa in concreto del singolo contratto che ogni dubbio andrebbe risolto, apprezzando se le parti abbiano davvero inteso assoggettare la polizza al principio indennitario o se invece abbiano voluto perseguire scopi latamente previdenziali (diretti a soddisfare le aspettative di sostegno che un dato assicurato ha voluto veder soddisfatte al ricorrere di un suo danno alla salute, fissando in polizza, in accordo con l’assicuratore, la misura della prestazione dovuta in caso di sinistro). Proprio al filtro [continua ..]


7. Tra questione di “tipo” (socialmente definito) e ruolo (ribaltato) della causa in concreto

Il lettore che avrà avuto la pazienza di seguirci sin qui avrà già certamente inteso la direzione che questo contributo tenta di imprimere alla soluzione della vexata queastio. La posizione assunta dal Tribunale di Milano merita, a parere di chi scrive, di esser presa in seria considerazione, proprio perché tesa ad inquadrare la polizza infortuni in termini fedeli al suo effettivo dipanarsi nella prassi; più fedeli, certamente, di quelli predicati dalla Cassazione nel 2014 [32], che rigidamente afferma l’applicabilità del principio indennitario, a tutti i costi e a tutte le polizze ritenute, più o meno a ragione, riconducibili al ramo danni. E la prassi, lo abbiamo detto a più riprese, gioca un ruolo centrale nella soluzione del problema che ci riguarda, se è vero, come è vero, che le stesse Sezioni Unite (sent. n. 5119/2002) nell’affrontare frontalmente (per la prima e ultima volta) il tema dell’inquadramento della polizza infortuni (e della disciplina codicistica alla stessa applicabile) la ha definita come “contratto socialmente tipico” (la cui regolamentazione, come correttamente osservato dalla sentenza milanese del 2023, va ritratta “a seconda dei casi, “prevalentemente” – quindi non integralmente – dall’ordito normativo predisposto per le assicurazioni contro i danni o per le polizze-vita. Nemmeno la Suprema Corte dà quindi la stura ad una piena e integrale riconduzione delle polizze infortuni alle due branche di assicurazione tipizzate nel codice, ma pare in qualche modo prospettare un modello ibrido di “assicurazione contro i danni alla persona”. L’osservazione del fenomeno con approccio empirico – e con la finalità di ricognizione delle coordinate di quel modello negoziale per come tipizzatosi nella prassi – ci rivela un modello negoziale che, nella sostanziale totalità dei casi, non soggiace al principio indennitario, non si correla alla dimensione civilistica del danno risarcibile (dal potenziale terzo responsabile) e, del tutto conseguentemente, ammette pacificamente il cumulo dell’indennizzo assicurativo con il danno eventualmente ristorato dal terzo, nel caso in cui l’infortunio sia ascrivibile alla responsabilità di quest’ultimo (in questo senso va letta la fisiologica previsione della rinuncia al diritto di surrogazione [continua ..]


NOTE