Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

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In materia di furto di natanti (di Marco Rossetti, Consigliere della Corte Suprema di Cassazione.)


Non è né vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c., né abusiva ai sensi dell’art. 33 codice del consumo, la clausola inserita in un contratto di assicurazione contro il furto d’un natante, la quale preveda che nel caso di “danno parziale” (e cioè di rinvenimento, dopo il furto, del natante danneggiato) la rifusione all’assicurato dei costi di riparazione sia subordinata alla prova che essi siano stati effettivamente sostenuti (1).

La Corte ecc. (Omissis).   RILEVATO CHE: 1. Con ricorso notificato il 31 agosto 2018, illustrato da successiva memoria, il sig. M.M. propone gravame dinanzi a questa Corte, affidandolo a tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto n. 244/2018, depositata il 5 giugno 2018. Con controricorso, notificato l’8 ottobre 2018, resiste UnipolSAI S.p.A. (in qualità di incorporante di Milano Assicurazioni S.p.A.). 2. Per quanto qui ancora d’interesse, la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Taranto nella parte in cui è stata rigettata la domanda proposta dal sig. M. nei confronti della UnipolSAI S.p.A., volta ad ottenere l’indennizzo per complessivi euro 71.574,00 (oltre accessori), pari all’intero ammontare del danno subìto dalla propria imbarcazione, denominata Moby Dick, rivenduta a terzi come relitto, dopo che essa era stata rinvenuta semiaffondata al largo delle acque di Pisticci, successivamente ad un furto verificatosi il 20 agosto 2010 nel porto di Taranto dove era stata ancorata. 3. Nel caso specifico la Corte d’appello di Lecce ha ritenuto non configurabile né l’ipotesi di “perdita totale” (ex art. 19 delle Condizioni Generali di Contratto allegate alla polizza), né quella di “abbandono” (ex art. 20 delle C.G.A.) del natante, e ha inquadrato, invece, la fattispecie nell’ipotesi di “danni parziali” regolata dall’ art. 21 C.G.A, ritenendo che il diritto all’indennizzo fosse subordinato non solo al verificarsi dell’evento dannoso, ma anche all’effettuazione di riparazioni da parte dell’assicurato, pacificamente mai effettuate prima della vendita dello scafo a terzi. Ha escluso, inoltre che la clausola de qua avesse carattere vessatorio. 4. Il ricorso, inizialmente fissato per l’adunanza camerale del 17 marzo 2020, per effetto dei provvedimenti intrapresi durante la pandemia da coronavirus veniva rinviato d’ufficio all’adunanza del 25 giugno 2020.   CONSIDERATO CHE: 1. Con il primo motivo si denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione degli artt. 1341, comma 2, e 1905 c.c., nonché degli artt. 33 e 34 del d.Igs. n. 206/2005 (cod. cons.). Il ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello per aver ritenuto legittima la clausola ex art. 21 C.G.A. in quanto inerente all’estensione e alla portata del rischio assicurato e, dunque, per averne escluso il carattere vessatorio e la nullità per mancata specifica sottoscrizione. Assume che la descrizione del rischio assicurato fosse, per converso, contenuta nell’art. 14 C.G.A e non nell’art. 21 il quale, subordinando il pagamento dell’inden­nizzo assicurativo alle spese di riparazione [continua..]