Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Danno ambientale e strumenti di garanzia finanziaria (di Martina Marano, Borsista di ricerca post-doc presso il Dipartimento di Giurisprudenza di Catania)


Il contributo analizza il sistema europeo delle garanzie finanziarie in materia di danni ambientali, a un ventennio dall’emanazione della Direttiva 2004/35/CE. Al raffronto tra l’esperienza tedesca e quella spagnola, segue la disamina della disciplina italiana che – pur non prevedendo un obbligo generalizzato per gli operatori economici – conosce diversi vincoli di garanzia finanziaria preventivi o successivi al verificarsi del pregiudizio ambientale.

Environmental Damage and Financial Guarantee Instruments

This paper analyzes the European system of financial guarantees concerning environmental damage, two decades after the adoption of Directive 2004/35/EC. After comparing the German and Spanish experiences, it examines the Italian legal framework, which – while not establishing a general obligation for economic operators – includes various preventive or post-occurrence financial guarantee requirements in relation to environmental harm.

SOMMARIO:

1. Danno ambientale e danno catastrofale - 2. La Direttiva 2004/35/CE - 2.1. Il contesto eurounitario. Germania e Spagna a confronto - 3. Il danno ambientale in Italia - 4. Il mercato assicurativo in Italia - 5. Il sistema di garanzia finanziaria in materia ambientale - 5.1. Le garanzie per i rischi ambientali - 5.2. Le garanzie per i danni da riparare - 6. Conclusioni - NOTE


1. Danno ambientale e danno catastrofale

Danno ambientale è un’espressione ambigua, dietro la quale si celano due distinti ordini di problemi. Da un lato, la difesa dell’equilibrio degli ecosistemi dall’incidenza delle attività antropiche, che implica l’elaborazione di tecniche di prevenzione o di ripristino dei danni ambientali, basate su criteri razionali di imputazione della responsabilità e dei relativi costi di riparazione. Dall’altro lato, gli effetti avversi del cambiamento climatico, che rendono indispensabile la gestione dei cc.dd. rischi catastrofali, con particolare attenzione alle regole sul risarcimento dei danni da calamità naturali nei confronti delle imprese o degli altri soggetti privati a essi esposti. Se il primo profilo attiene al danno provocato “all’ambiente”, il secondo si riferisce, piuttosto, ai pregiudizi causati “dall’ambiente”. Pur trattandosi di fenomeni diversi [1], entrambi interessano i legislatori poiché, oltre a condizionare il benessere e la sopravvivenza della società, intersecano esigenze di natura più strettamente economica [2]. Rispetto ai danni da catastrofi naturali – limitandoci a brevi cenni in questa sede – l’intensificarsi degli episodi calamitosi ha dimostrato l’inadegua­tezza dell’approccio emergenziale, per mezzo del quale le istituzioni pubbliche si fanno interamente carico, volta per volta, delle spese per la ricostruzione e per l’assistenza dei soggetti colpiti (ad es. nel caso di danno alla proprietà). Le evidenti difficoltà, tanto sul piano economico, tanto sul piano amministrativo, hanno indotto il legislatore italiano a ricorrere a una diversa strategia di tutela: la Legge di Bilancio 2024 (l. n. 213/2023, commi 101-112) ha sottoposto le imprese a un obbligo di assicurazione per la copertura dei danni da eventi calamitosi, tali da intendersi sismi, alluvioni, frane inondazioni, esondazioni (comma 101, art. 1) [3]. L’obiettivo è consentire ai privati di esternalizzare la gestione di eventuali danni alla propria attività cagionati da eventi naturali, limitando, al contempo, il ricorso a programmi di intervento pubblico gravanti sul bilancio nazionale. Il risultato dovrebbe ottenersi tramite la responsabilizzazione del singolo operatore, costretto a stipulare il contratto di assicurazione e, pertanto, a prestare maggiore attenzione alle [continua ..]


2. La Direttiva 2004/35/CE

La Direttiva 2004/35/CE (Environmental Liability Directive, d’ora in poi ELD) ha esaudito il proposito di istituire «un quadro per la responsabilità ambientale» e «per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale» [6]. La disciplina segue il principio “chi inquina paga”, in ragione del quale l’operatore economico che svolge un’attività portatrice di rischi ambientali e ne abbia il controllo, di solito, è anche il soggetto che si considera finanziariamente responsabile dell’eventuale danno ambientale da essa prodotto, sostenendo il costo delle misure di prevenzione e riparazione [7]. L’approccio del diritto europeo – e in questo risiede la sua forza e innovatività – è primariamente orientato al ripristino dell’ambiente danneggiato, piuttosto che al risarcimento per equivalente del danno. Al legislatore sovranazionale è stato tuttavia rimproverato di non avere preso posizione su diversi aspetti salienti della materia, «inficiando – per questa via – l’obiettivo di armonizzazione che […] si voleva raggiungere. Ciò avviene ad esempio sulla questione concernente la responsabilità solidale, l’obbligo di assicurazione, la possibilità di introdurre la responsabilità per rischio da sviluppo» [8]. In effetti, la fonte europea non ha introdotto un obbligo assicurativo, lasciando agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità. Secondo quanto previsto dal considerando n. 27, «Gli Stati membri dovrebbero adottare misure per incoraggiare gli operatori a munirsi di una copertura assicurativa appropriata o di altre forme di garanzia finanziaria e per favorire lo sviluppo di strumenti e mercati di copertura finanziaria onde fornire un’efficace copertura degli obblighi finanziari derivanti dalla presente direttiva». Su questa premessa, infatti, l’art. 14, par. 1, si limita a prescrivere l’adozione di «misure per incoraggiare lo sviluppo, da parte di operatori economici e finanziari appropriati, di strumenti e mercati di garanzia finanziaria, compresi meccanismi finanziari in caso di insolvenza, per consentire agli operatori di usare garanzie finanziarie per assolvere alle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della presente direttiva». Dunque, il ricorso a strumenti di garanzia [continua ..]


2.1. Il contesto eurounitario. Germania e Spagna a confronto

Il sistema “elastico” tracciato dalla ELD ha consentito a ciascuno degli Stati membri di misurare in autonomia lo spazio riservato dalle garanzie finanziarie in tema di responsabilità ambientale. Le principali informazioni sui modelli prescelti da ogni ordinamento e sull’assetto complessivo che ne deriva sono state raccolte nei resoconti presentati nel 2020 alla Commissione europea, funzionali a dare atto dei livelli di implementazione della Direttiva [15]. Prima di illustrare le risultanze d’insieme, vale la pena confrontare alcune legislazioni statali, a noi vicine, che hanno adottato soluzioni tra loro antitetiche. Nell’ordinamento tedesco, il ricorso al mezzo assicurativo in ambito “ambientale” vanta una storia risalente. Già nel 1965 erano disponibili polizze per la copertura di danni da responsabilità civile per pregiudizi personali e materiali di natura ambientale [16]. Il sistema ha subito un rinnovamento in occasione dell’attuazione della ELD. Invero, l’Associazione tedesca delle assicurazioni (Gesamtverband der Deutschen Versicherungswirtschaft, GDV) ha elaborato un modello generale di termini e condizioni per fornire copertura nelle ipotesi di responsabilità scaturenti dalla Direttiva europea. Il modello fornito, malgrado la natura facoltativa, ha trovato largo accoglimento tra gli assicuratori operanti nel territorio. Si distingue tra uno schema di copertura “base”, contenente le condizioni generali per l’assicurazione contro i danni ambientali (Allgemeine Versicherungsbedingungen für die Umweltschadens-Basisversicherung), e uno schema di copertura “totale” che, oltre a contenere le condizioni generali di assicurazione per danni ambientali, prevede due moduli opzionali più specifici (II. USV-Zusatzbaustein 1, e III. USV-Zusatzbaustein) [17]. La prassi inaugurata dalla GDV ha condotto all’integrazione di una sezione dedicata alla copertura dei danni ambientali all’interno della quasi totalità delle polizze di responsabilità civile generale commerciale. Si prevede così una tutela assicurativa standardizzata per i siti a basso rischio, là dove non sia necessaria una tutela per particolari rischi ambientali, le cui destinatarie sono, sovente, piccole e medie imprese [18]. La copertura base è concepita per le passività previste dalla ELD – es. [continua ..]


3. Il danno ambientale in Italia

Il recepimento della Direttiva 2004/35/CE nel nostro ordinamento è avvenuto per mezzo del d.lgs. n. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente. Allo stato attuale, nella parte sesta del Codice sulla tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente, convivono due diversi gruppi di regole: gli artt. da 304 a 310, attuativi della Direttiva 2004/35/CE, in materia di prevenzione e ripristino ambientale; e gli artt. da 311 a 318, dedicati al risarcimento del danno ambientale, che rappresentano, invece, la trasposizione rielaborata della normativa interna preesistente [34]. In realtà, la prima versione della disciplina di recepimento italiana presentava non poche criticità, anche a causa dell’attuazione non puntuale del diritto unionale [35]. La previsione di un risarcimento per equivalente affiancato a quello in forma specifica (art. 311) indeboliva il proposito restore oriented alla base della Direttiva europea. Malgrado la posizione (in apparenza) subordinata del rimedio per equivalente (art. 311, comma 2), azionabile in caso di impossibilità o eccessiva onerosità del ripristino, la dottrina lamentava, di fatti, un accesso a maglie “troppo” larghe al ristoro meramente pecuniario [36]. Ne è derivato l’avvio di diverse procedure d’infrazione e di altrettanti interventi di riforma [37]. Solo in occasione della Legge europea del 2013 [38] – nell’intento di ripristinare il rapporto fisiologico tra diritto nazionale e sovranazionale – le norme hanno assunto l’assetto odierno, prevedendo all’art. 311, comma 2, c. amb., due distinte fattispecie di responsabilità per danno ambientale: l’una riferita al «danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono nell’allegato 5 alla parte sesta» e l’altra riferita al danno ambientale cagionato da «chiunque altro con dolo o colpa». In entrambi i casi, i soggetti responsabili sono obbligati ad adottare le misure di riparazione previste dal­l’allegato 3 della parte sesta e, in mancanza, verranno sottoposti all’appli­cazione della disciplina del risarcimento in forma specifica del danno ambientale, azionabile dal Ministero dell’ambiente. Il “nuovo” testo dell’art. 311 ha quindi eliminato ogni riferimento al risarcimento per equivalente, sancendo, in via definitiva, la primazia del [continua ..]


4. Il mercato assicurativo in Italia

In Italia, al dinamismo del mercato assicurativo non corrisponde un’ade­guata copertura dei rischi ambientali. Numerose compagnie (più di venti) offrono polizze dedicate all’assicura­zione dei danni all’ambiente [41]. A fianco alle estensioni “ambientali” delle polizze di responsabilità civile generale, sono disponibili prodotti innovativi che ampliano la tutela contro l’inquinamento a ogni tipo di deterioramento delle risorse naturali [42]. Al riguardo, il consorzio Pool ambiente [43] ha elaborato due modelli di polizza per far fronte alle esigenze concrete degli operatori. La polizza “tailor made”, caratterizzata da una struttura modulare e personalizzata, che comprende tutti gli obblighi previsti dalla direttiva ELD e dalla normativa nazionale in materia di bonifica e danno ambientale (c.d. garanzia base), a cui l’assicurato può sommare garanzie opzionali e servizi gratuiti, per un’efficace prevenzione dei danni e per la gestione delle conseguenze dell’evento dannoso [44]. La polizza standard, invece, più adatta alle PMI, offre copertura a tutti gli obblighi previsti dalla ELD e dalla normativa nazionale in materia di bonifica e danno ambientale, oltre al risarcimento dei terzi danneggiati a seguito di un evento di danno all’ambiente e ad alcuni servizi per la prevenzione e la gestione delle crisi ambientali [45]. Il tessuto imprenditoriale italiano, in gran parte costituito da piccole e medie imprese, ha manifestato una certa resistenza all’adozione di coperture assicurative ambientali [46]. Le recenti analisi pubblicate dal Pool ambiente, basate sui dati statistici raccolti da ANIA sull’intero territorio nazionale, rivelano come, rispetto a tali rischi, solo lo 0,45% delle imprese risulti assicurato, e come, peraltro, quasi la totalità di esse sia concentrata nell’Italia settentrionale [47]. Il settore dei rifiuti è quello che gode della maggiore percentuale di polizze sottoscritte, pari al 19,12%, a cui segue il settore chimico, che vanta una percentuale del 6,97%, e quello petrolifero con una copertura del 3,52% [48]. Si tratta di dati scoraggianti se si considera la distanza tra il numero di polizze stipulate e l’incidenza dei sinistri ambientali in ambito petrolifero, che ammonta al 20%, valore superiore a qualsiasi altro settore, o, ancora, se si considera [continua ..]


5. Il sistema di garanzia finanziaria in materia ambientale

L’Italia, come la maggior parte degli Stati dell’Unione, non ha introdotto un generale obbligo di garanzia finanziaria per fare fronte ai danni ambientali. Il legislatore non ha reputato necessario completare il regime del Codice dell’ambiente mediante l’imposizione di un vincolo assicurativo generalizzato, confidando, verosimilmente, nel naturale sviluppo del mercato di settore. Al più, rispetto alle attività caratterizzate da un elevato potenziale inquinante, sono stati introdotti dei vincoli specifici di garanzia finanziaria gravanti sui singoli settori [52]. Tuttavia, dalle analisi recenti [53] emerge come, malgrado l’ampia disponibilità di prodotti assicurativi, la domanda degli operatori risulti “bassa” o “molto bassa” [54]. Pare allora opportuno valutare se l’attuale disciplina, che ambirebbe all’autoregolazione del mercato assicurativo, garantisca comunque una tutela sufficiente, o se, al contrario, sia necessario rivedere il sistema, vagliando l’opportunità di ampliare gli obblighi di garanzia finanziaria esistenti, o perfino di introdurre un vincolo generalizzato per tutti gli operatori.


5.1. Le garanzie per i rischi ambientali

Il tema della financial security e l’imposizione di obblighi di garanzia, anche di natura assicurativa, non sono del tutto estranei al tessuto normativo italiano. Il settore in cui l’imposizione di vincoli di garanzia contro i rischi ambientali ha determinato un incremento significativo delle coperture assicurative è quello dei rifiuti. Si stima, infatti, che la percentuale del 19,12%, indicativa del numero di imprese dotate di una polizza ambientale, in assenza degli obblighi di legge, scenderebbe a circa il 7,66% [55]. Al riguardo, il Codice dell’ambiente regola l’Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. L’art. 208 impone ai soggetti che intendano realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, di presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’im­pianto e la documentazione tecnica prevista, in conformità alle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Il rilascio del provvedimento autorizzativo è subordinato all’adozione di determinate garanzie finanziarie, secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 36/2003 [56]. Adeguandosi a tali prescrizioni, le Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze regolatorie, hanno disciplinato in autonomia il profilo della sicurezza finanziaria. Rilevante è l’esperienza della Regione Veneto che, prima ancora del recepimento della ELD, aveva imposto ai gestori dei rifiuti l’adozione di garanzie finanziarie a copertura dell’attività di smaltimento e recupero di rifiuti [57] e, nello specifico, la sottoscrizione sia di una polizza assicurativa per la responsabilità civile da inquinamento, sia di una fideiussione (bancaria o assicurativa) a garanzia dei costi per l’attivazione e per la gestione operativa e post-operativa della discarica. Non a caso, le risultanze del rapporto presentato alla Commissione europea individuano il Veneto come il territorio con la più alta domanda di assicurazioni ambientali in Italia, mentre nel Mezzogiorno la domanda è significativamente più bassa [58]. Sulla stessa scia si colloca la legislazione della Regione Lombardia. Il d.g.r. n. 7-19461/2004, allegato A, prevede che «I soggetti pubblici e privati [continua ..]


5.2. Le garanzie per i danni da riparare

Di fianco alle fattispecie di garanzie “preventive”, contro i rischi, l’or­dinamento italiano conosce alcuni obblighi di garanzia “successivi” al verificarsi del pregiudizio ambientale. In proposito, è doverosa una premessa. Il par. 1, dell’art. 8 ELD, fa gravare sull’operatore responsabile il peso economico delle azioni di prevenzione e di riparazione del danno ambientale [82]. Al contempo, il par. 2 prescrive il recupero da parte dell’autorità competente, nei confronti dell’ope­ratore, dei costi da essa sostenuti in relazione alle azioni di prevenzione o di riparazione, «tra l’altro attraverso garanzie reali o altre adeguate garanzie». L’art. 308 c. amb. ha recepito soltanto in parte il contenuto della citata disposizione. Pur confermando la responsabilità finanziaria dell’operatore in ordine al rispristino ambientale, la norma italiana si limita a prevedere, come mera possibilità, che il Ministro dell’ambiente recuperi le somme per mezzo di garanzie reali o fideiussorie a prima richiesta e senza beneficio d’escussione. Il proposito di conferire sostanza al principio chi inquina paga è stato affrontato attraverso una differente strategia legislativa che ha segnato l’isti­tuzione del procedimento di “ingiunzione preventiva”. Si tratta di un meccanismo di “anticipazione dei costi” – tipizzato agli artt. 311 ss. c. amb. – in ragione del quale è il soggetto responsabile a dover provvedere direttamente alle misure riparative necessarie, al fine di non esporre la Pubblica Amministrazione all’esborso delle somme e al successivo esercizio della rivalsa [83]. Invero, verificatosi il danno, il Ministero dell’ambiente – in alternativa all’azione di fronte al giudice ordinario [84] – potrà attivare una fase di istruttoria amministrativa [85] e, accertati i presupposti per la responsabilità, emanare un’ordinanza, con la quale richiedere al responsabile di effettuare il ripristino. Là dove l’adozione delle misure di riparazione risulti in tutto o in parte omessa – o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti – il Ministro si limiterà a determinare i costi delle attività necessarie per conseguirne la completa attuazione [continua ..]


6. Conclusioni

A vent’anni dall’emanazione della Direttiva 2004/35/CE, l’obiettivo di una tutela efficace contro i danni ambientali sembra un traguardo ancora lontano. Il principio chi inquina paga rischia di rimanere una formula vuota in assenza di un sistema che garantisca la disponibilità delle risorse necessarie per il ripristino ambientale. La deresponsabilizzazione degli operatori privati – oltre a decretare la sostanziale disapplicazione della disciplina – genera un costo sociale insostenibile. Le istituzioni nazionali e sovranazionali si vedono periodicamente costrette a stanziare ingenti somme per la bonifica o il ripristino dei “siti orfani”, aree contaminate che non sono state bonificate o ripristinate dai responsabili, poiché sconosciuti o inadempienti [93]. Per dare concreto risalto all’incoraggiamento di cui all’art. 14 della ELD, in Italia, come in gran parte degli Stati membri, urge il ricorso a politiche più incisive, che conferiscano maggiore solidità ai profili finanziari della tutela dell’ambiente. Sebbene l’assetto normativo nazionale – “costellato” di disposizioni che impongono obblighi di garanzia per la copertura dei danni all’ambiente – generi l’illusione di una protezione solida nei confronti di alcune attività a rischio, in realtà questa percezione viene puntualmente smentita dalla prassi. Le statistiche dimostrano come tali obblighi, ove non costruiti in maniera appropriata, rimangano inapplicati e producano un sistema frammentario in cui la stratificazione delle regole – dai margini applicativi non sempre chiari – ne compromette l’adeguata e uniforme applicazione, lasciando al contempo dei vuoti di tutela ingiustificabili [94]. In questo frangente, l’introduzione di un obbligo di garanzia generalizzato, almeno per l’esercizio delle attività “pericolose” per l’ambiente, rappresenta la soluzione più razionale. L’attività assicurativa precontrattuale è in grado di creare consapevolezza negli operatori attraverso la trasparenza delle informazioni sui possibili rischi che una certa condizione ambientale può generare. Il valore dell’informazione risulta perseguito anche nelle fasi successive alla stipula della polizza, attraverso gli strumenti di formazione e supporto tecnico offerti dai [continua ..]


NOTE