Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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L'assicurazione claims made delle strutture sanitarie (di Salvatore Bosa, Professore associato di Diritto Privato presso il Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università degli Studi di Catania)


Lo scritto si propone di ricostruire, nel quadro di quella che è stata la riforma che ha riguardato il sistema sanitario, il processo di tipizzazione del sistema claims made. A tal riguardo vengono analizzate non solo le ragioni che hanno indotto il legislatore a recepire siffatto modello negoziale quale “tipo” di riferimento dell’assicurazione della responsabilità medica, ma altrettanta attenzione viene dedicata, de iure condendo, al rapporto tra c.d. “sanità digitale” e “nuove tipologie assicurative”. Viene, infine, presa in considerazione la previsione, ad opera della L. c.d. Gelli-Bianco, dell’istituzione di un fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, mettendosi in luce le criticità del relativo funzionamento.

 

Claims made Insurance and health facilities

The paper aims to reconstruct, in the framework of the reform of the health system, the typology of the claims made system. Thus, attention will be focused not only on the reasons that the legislator led to implement this model as a reference “type” of medical liability insurance, but also, de iure condendo, on the relationship between the so-called “digital health” and “new types of insurance”. Finally, the regulation of a guarantee fund for damages deriving from health liability, pursuant to the so-called L. Gelli-Bianco, is taken into consideration and the critical aspects of its functioning are highlighted.

Keywords: Reform – healthcare – insurance – claims made – digital.

SOMMARIO:

1. L’assicurazione delle strutture sanitarie e del personale medico - 2. Il contesto storico e normativo di riferimento - 3. Il riconoscimento legislativo del patto claims made nel settore sanitario e il superamento del “tipo” legale - 4. La ratio legis delle assicurazioni retroattive in ambito medico e le politiche di risk management - 5. L’istituzione di un fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità medica - NOTE


1. L’assicurazione delle strutture sanitarie e del personale medico

L’obbligo assicurativo per i professionisti di stipulare «idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’attività professionale» è stato introdotto dal­l’art. 3 d.l. n. 138/2011, comma 5, lett. e), convertito con l. n. 148/2011. Successivamente il d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, emanato in attuazione della citata disposizione, nel sancire che «la stipula dei contratti di assicurazione possa avvenire anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti» ha rinviato al 14 agosto 2013 l’entrata in vigore dell’obbligo in questione, subordinandone, pur sempre, la relativa operatività all’emanazione di un d.P.R. di attuazione, volto a definire il contenuto minimo essenziale delle polizze assicurative; tale decreto venuto alla luce solo sottoforma di bozza di regolamento nel 2014 non è mai stato definitivamente approvato [1]. Ed è in tale panorama di incertezza normativa che va collocata l’intro­duzione della l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. Legge Gelli-Bianco) recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Va evidenziato sin d’ora, come l’art. 10 della suddetta legge rimodelli (rispetto al suo precedente normativo costituito dalla c.d. Legge Balduzzi) i confini dell’obbligo assicurativo per gli esercenti le professioni sanitarie, attraverso la conferma del suddetto obbligo per le strutture sanitarie e gli esercenti la professione medica o sanitaria in regime di liberi professionisti ed estendendolo «a ciascun esercente la professione sanitaria, operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private per quel che concerne la responsabilità per colpa grave». La previsione di siffatto obbligo, come, del resto, ogni forma di intervento pubblico in settori tradizionalmente lasciati alla libera negoziazione dei privati, risulta preordinata, sotto un profilo economico, a sopperire ai c.d. fallimenti del libero mercato, cioè a quelle situazioni in cui l’incontro tra domanda e offerta di un determinato bene o servizio, se lasciato all’auto­nomia dei contraenti, non è sufficiente a soddisfare determinate finalità di interesse [continua ..]


2. Il contesto storico e normativo di riferimento

Non vi è dubbio come l’evidenziato disegno normativo muova, però, da un postulato tutt’altro che dimostrato e cioè la presenza di un mercato assicurativo della responsabilità civile professionale (e di una relativa prassi negoziale di riferimento) idonea a soddisfare tutti quei meccanismi necessari per un suo corretto funzionamento e vale a dire: in primo luogo la possibilità e capacità da parte delle imprese di “neutralizzare” il rischio sanitario assunto per mezzo di una sua corretta gestione tecnico-attuariale; in secondo luogo l’essere in grado di poter offrire alle strutture sanitarie e al relativo personale dipendente una copertura assicurativa adeguata e rispettosa della ratio legis. Se si volge lo sguardo al contesto economico e normativo in cui si insinua l’obbligo in questione si rinviene, a ben vedere, una realtà piuttosto complessa e non definita in cui la presenza o coesistenza tra disciplina codicistica del contratto di assicurazione e prassi negoziale ha di fatto condotto a una progressiva variazione del tipo legale fino all’affermazione di modelli “atipici” di assicurazione della responsabilità civile che si sono via via affermati in virtù di quel processo etichettato da una parte della dottrina come di “circolazione dei modelli giuridici” [5]. Il tutto ha fatto sorgere più di un interrogativo su quale possa o debba essere il modello contrattuale di assicurazione della responsabilità civile sanitaria deputato ad assolvere le finalità sottese all’intervento di riforma. Più precisamente, da un lato vi è la disciplina legale del contratto di assicurazione incentrata principalmente sull’as­sicurazione di cose” [6], mentre nessuna peculiare logica, se non quella di recepire un dato diffuso nella prassi negoziale di riferimento, risulta sottesa all’adozione del criterio regolatore della copertura basato sul “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” (art. 1917, comma 1, c.c.) [7]; dall’altro lato, vi è una prassi assicurativa che, sull’assunto della pressoché totale inadeguatezza della previsione codicistica e del relativo meccanismo operativo funzionale a regolare compiutamente le dinamiche temporali del sinistro (strettamente legate all’evolversi delle regole attinenti alla [continua ..]


3. Il riconoscimento legislativo del patto claims made nel settore sanitario e il superamento del “tipo” legale

In base al tenore letterale dell’art. 11 della l. n. 24/2017 «La garanzia assicurativa deve prevedere una operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura». Ora, sebbene nella disposizione in esame non venga fatto alcun espresso riferimento al claims made è altrettanto vero come da una interpretazione letterale e sistematica della stessa emerga come sembrerebbe diventato “sinistro” la richiesta risarcitoria pervenuta all’assicurato per la prima volta durante la vigenza temporale della polizza [16]. In altri termini, se per un verso il legislatore nel ricostruire il contenuto minimo essenziale delle polizze professionali in materia medico sanitaria non abbia fatto alcun richiamo esplicito al sistema claims made né, tantomeno, ne abbia dettato la disciplina ad esso applicabile, per altro verso, dall’analisi del dato normativo risulta allo stesso modo evidente come a base dell’assicurazione professionale del settore in questione sia stato posto proprio tale ultimo modello assicurativo. Depongono in tal senso, infatti, una serie inequivocabile di indici normativi: in primo luogo, oltre alla “nuova” nozione di “sinistro” di cui si è detto, la retroattività dell’efficacia della garanzia che deve essere pari almeno a dieci anni (c.d. claims made di tipo puro); in secondo luogo la previsione di un’ul­tra-attività decennale della copertura, per il caso di cessazione dell’atti­vità professionale [17]. Sotto tale ultimo profilo sarebbe, infatti, impensabile secondo il modello tradizionale (art. 1917 c.c.) poter contemplare una garanzia c.d. postuma, posto che la copertura di tutti i fatti accaduti durante il tempo dell’assicurazione, anche se la richiesta di risarcimento perviene a distanza di tempo dalla [continua ..]


4. La ratio legis delle assicurazioni retroattive in ambito medico e le politiche di risk management

Da un’analisi delle disposizioni normative contenute nella l. n. 24/2017 emerge l’impressione, piuttosto diffusa in dottrina, secondo cui la riforma della responsabilità sanitaria sia stata, in realtà, plasmata dal legislatore in funzione del contenzioso relativo ai rapporti tra azienda sanitaria e paziente, rimanendo sullo sfondo quello riguardante l’operato del singolo medico dipendente. In altri termini, alla base del disegno legislativo in questione vi sarebbe l’intento di concentrare l’assetto complessivo della responsabilità sanitaria in capo alle strutture mediche pubbliche e private e ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo perché le stesse vengono reputate le più idonee a gestire il rischio derivante dalle c.d. “malpractice medical-professional”; in secondo luogo, al fine di permettere alla classe medica di poter svolgere la propria professione con maggiore sicurtà e serenità, evitando quelle pratiche, sempre più frequenti, di medicina difensiva [22] che mal si conciliano con la finalità indicata dalla Legge Gelli-Bianco di garantire “la sicurezza delle cure e della persona assistita quale parte costitutiva del diritto alla salute” [23]. Alla luce delle considerazioni svolte è evidente, allora, come l’introdu­zione del claims made ad opera della l. n. 24/2017 sia destinata, nella mens legis, a regolare, innanzitutto, i rapporti intercorrenti tra azienda sanitaria e paziente, piuttosto che quelli riguardanti il singolo medico ospedaliero. Si tratta, del resto, di una previsione che mira ad allineare nel settore sanitario l’ordinamento giuridico italiano al mercato assicurativo internazionale al cui interno il claims made è nato, si è sviluppato e affermato. Già da tempo le imprese assicuratrici, che operano su larga scala, hanno catalogato il rischio sanitario tra i rischi c.d. lungo-latenti, cioè tra quei rischi in cui è più che naturale che si verifichi una dissociazione temporale (anche di lungo periodo) tra il fatto produttivo di danno, la manifestazione del pregiudizio e la richiesta risarcitoria e per i quali le coperture tradizionali (art. 1917 c.c.) generano problemi di calcolo delle riserve tecniche (c.d. I.B.N.R.), con inevitabili ricadute sull’entità dei premi dovuti dall’assicurato [24]. È noto, [continua ..]


5. L’istituzione di un fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità medica

Una qualche riflessione merita, infine, la previsione ad opera della l. n. 24/2017 dell’istituzione di un fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. Si tratta di una tematica che in concreto risulta legata con quella sino ad ora trattata, posto che l’istituzione del fondo in questione può avvenire solo attraverso «il versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile[…] [41]»: in altri termini, la relativa formazione presuppone, di fatto, il superamento di quelle forme di c.d. “autoassicurazione” o di “altre analoghe misure” di cui si è trattato in precedenza e necessita, invece, di una ripresa del mercato assicurativo nel settore sanitario attraverso l’ingresso di imprese assicurative disposte ad operare nel campo della responsabilità sanitaria [42].La circostanza per cui l’operatività del fondo di garanzia sia inscindibilmente connessa ad un meccanismo assicurativo di raccolta e gestione di premi assicurativi trova, altresì, ulteriore conferma nella inoperatività dello stesso (fondo) nel caso in cui “le analoghe misure” o le c.d. forme di “auto assicurazioni” risultino insufficienti a coprire il danno subito dalla vittima dell’illecito sanitario. Se si passa, poi, ad analizzare il dato normativo è possibile rilevare, sotto un profilo generale, come anche il fondo in questione (al pari di quello previsto in materia di vittime della strada e della caccia) costituisca (almeno in parte) una forma di garanzia integrativa posta a carico della collettività e che in virtù di un principio di solidarietà sociale è finalizzata a risarcire tutti quei terzi danneggiati da “malpractice medical professional” che risulterebbero altrimenti non indennizzabili [43]. Più precisamente, in base all’art. 14 della l. n. 24/2017 il fondo di garanzia è destinato ad operare nei seguenti casi: a) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall’esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui all’art. 10, comma 6; b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o [continua ..]


NOTE