Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

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Assicurazioni malattia e vita: la nuova frontiera posta dall'art. 25 dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (di Davide Santovito, Struttura Complessa di Medicina Legale U. A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino Caterina Bosco, Istituto di Medicina Legale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica, Università degli Studi di Torino Alberto Polotti di Zumaglia, Avvocato, già Giudice di Pace e Professore a contratto all’Istituto di Medicina Legale di Torino  )


Il presente lavoro affronta una tematica emersa in ambito assicurativo privato in seguito alla pubblicazione della l. 3 marzo 2009, n. 18 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità” (G.U. 14 marzo 2009 n. 61).

Si tratta dell’espressa previsione del divieto di discriminazione delle persone disabili allorché intendano stipulare assicurazioni malattia o vita, divieto previsto dall’art. 25 della predetta Convenzione.

Gli Autori, al fine di analizzare le conseguenze di tale normativa ed evidenziare anzitutto le caratteristiche della disabilità ripercorrono anche le norme relative al sistema di sicurezza previdenziale, assistenziale e lavorativo esaminando i criteri ivi previsti.

Sono quindi esaminate le caratteristiche della discriminazione e viene infine analizzata la situazione che si viene a creare nell’ambito delle assicurazioni malattia e vita in seguito all’attuale normativa, rilevando le conseguenze che su tali assicurazioni possono verificarsi particolarmente sul piano della pratica e prospettando eventuali soluzioni.

Life and health insurance: article 25 and new frontier of United Nations Convention on the rights of persons with disabilities

The Italian Law n. 18/2009 ratifies the “Convention on the Rights of Person with Disability”. The main topic of this law is to avoid discrimination in health and life insurance of people with disability.

The Authors defined the concept of disability, analyzing the current legislative framework in the field of social, economic and labour protection law. Article 25 of the Convention prohibits exclusion and discrimination in the field of insurance. To date, Insurance Companies have to offer health or life insurance policy in the light of equal and reasonable accomodation. The work points out the main Convention rule to protect people with disability in private health care system and health insurance policy.

Keywords: life insurance – illness insurance – disability

SOMMARIO:

1. Considerazioni introduttive - 2. Il concetto di disabilità - 3. La disabilità e le norme del sistema di sicurezza sociale, previdenziale ed assistenziale - 4. La discriminazione - 5. Il divieto di discriminazione dei disabili nella stipula delle assicurazioni malattia e vita - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Considerazioni introduttive

Già in ambito comunitario l’eguaglianza tra i cittadini e la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono il realizzarsi di essa si pone come un obiettivo che il Legislatore deve perseguire. L’attuale quadro normativo italiano tutela la validità psicofisica in più ambiti della vita quotidiana dei consociati. Basti pensare all’attenzione posta al diritto alla salute dall’art. 32 della Costituzione ed alle varie norme che nel diritto penale tutelano l’integrità psicofisica della persona. Anche per quanto riguarda gli aspetti della vita civile, il Legislatore è più volte intervenuto per tutelare i diritti fondamentali delle persone: nell’ambito della tutela del minore, della vittima di terrorismo e di violenza, dell’infortunato stradale, dell’infortunato del lavoro, della vittima del servizio di istituto, del lavoratore ammalato per malattia generica, del cittadino in generale. I cardini costituzionali a fondamento di tale tutela si ritrovano nel dovere di solidarietà (art. 2), nel diritto-dovere al lavoro (art. 4), nella tutela della pubblica salute (art. 32) e del lavoro (art. 35), nei mezzi di sussistenza per invalidi, anziani e disoccupati (art. 38) [1]. L’appartenenza alla Comunità Europea, attraverso i meccanismi di legislazione comunitaria, può contribuire alla realizzazione degli obiettivi che la Carta Costituzionale si propone. Si pensi alla Convezione di Oviedo per i trattamenti sanitari, ratificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 145 (G.U. 24 aprile 2001, n. 95). Riconoscendo come fondamentali i diritti attinenti alla sfera della salute, della dignità e realizzazione personale, del lavoro ed alla tutela di quei beni non solo personali, ma attinenti anche alla sfera familiare e sociale, la problematica della disabilità ha investito le Nazioni Unite che, il 13 dicembre 2006 a New York, hanno emanato il “Testo della Convenzione Internazionale sui Diritti delle persone con Disabilità”, di cui l’Italia è uno degli Stati aderenti e firmatari. Tale Convenzione fu ratificata con la l. 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità in [continua ..]


2. Il concetto di disabilità

L’art. 25 richiama espressamente il concetto di disabilità, cui la Convenzione nel Preambolo fa riferimento riconoscendo che “…la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali ed ambientali, che ostacolano la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”. L’art. 1 della Convenzione precisa inoltre che: “Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”. Nella versione inglese della Convenzione si può rilevare che l’art. 1 recita: “Persons with disabilities include those who have long-term physical, mental, intellectual or sensory impairments which in interaction with various barriers may hinder their full and effective partecipation in society on an equal basis with others”. Si potrebbe forse ritenere più adeguato tradurre il termine “impairments” con il lemma “menomazione”, al posto di “minorazione”. Al riguardo si permette di ricordare che in dottrina [3], si è definita la menomazione come la compromissione dell’efficienza fisica o psichica della persona, secondo un concetto funzionale, che si riferisce alla riduzione o all’abolizione delle attività organiche diverse: essa ha quindi un significato biologico. La minorazione è, invece il decadimento dell’individuo nella scala dei valori morali e sociali a seguito della menomazione stessa. Il voler ricorrere al termine “minorazione”, potrebbe forse riverberare l’intenzione di richiamare il concetto di invalidità civile, quale presupposto antecedente necessario alla disabilità, ma da solo non sufficiente. Difatti in questo modo si potrebbe affermare con maggior rigore il nesso causale, la discendenza causale, tra la lesione all’integrità psico-fisica, da cui deriva la menomazione funzionale, ed i suoi riverberi nella vita sociale e quelle difficoltà che creano diseguaglianza, come si specificherà [continua ..]


3. La disabilità e le norme del sistema di sicurezza sociale, previdenziale ed assistenziale

Per meglio circoscrivere il concetto di disabilità, occorre richiamare le norme del sistema di sicurezza sociale, previdenziale ed assistenziale, del panorama italiano, ciò anche per distinguere tale concetto da tutto ciò che non è “disabilità”, anche se tali norme hanno fini precisi e ben diversi dalla tutela del disabile. La prima norma è quella che fa riferimento all’invalido civile. La l. 30 marzo 1971 n. 118, definisce: “mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenia di carattere organico e dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali, che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore di un terzo, o se minori di anni 18, che abbiano difficoltà permanenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età”. Tale definizione è stata integrata dall’art. 6 comma 1 del d.lgs. del 23 novembre 1988 n.509 ovvero: “all’art. 2 … dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: ai soli fini del­l’assistenza socio sanitaria e della concessione dell’indennità di accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano persistenti difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni della loro età”, purché l’invalidità non derivi da cause di guerra, di lavoro, di servizio, nonché sono esclusi i ciechi ed i sordomuti per il quali provvedono altre leggi. Tralasciando le critiche che da sempre la dottrina ha mosso alla definizione di legge, a cui si rimanda [4], emerge che la cosiddetta invalidità civile fa riferimento ad uno “status” che è riconosciuto tra il 18° ed il 65° anno di età a tutti i cittadini, con le esclusioni già richiamate, che a causa di una qualsiasi menomazione, congenita od acquisita, senza tener in considerazione la sua eziopatogenesi, determina una riduzione della capacità di lavoro ad oltre un terzo. Al di sotto dei diciotto anni e al di sopra dei sessantacinque, sono riconosciuti invalidi civili coloro che a causa di patologie abbiano difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni proprie dell’età. Solo tra il 18° [continua ..]


4. La discriminazione

Da un sia pur sintetico esame delle norme che prendono in considerazione le persone con disabilità si può rilevare come il legislatore si sia preoccupato, in particolare, del loro diritto a non essere discriminate. Esiste, infatti, una vasta normativa al riguardo che spazia, ad esempio, dal campo del lavoro, a quello sociale e della scuola, alle barriere architettoniche e, come già accennato anche a quello di certi tipi di assicurazione. Le problematiche relative alla possibilità di discriminazione delle persone con disabilità hanno d’altronde avuto nel tempo particolare attenzione sotto vari aspetti. Su di un piano generale è sufficiente ricordare che l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea approvata dal Parlamento Europeo il 12/12/2007 (G.U.C.E. 14 dicembre 2007, n. C 203) vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare anche sulla disabilità. L’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea firmata a Nizza il 7 dicembre 2000 precisava che l’Unione “…riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’in­serimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”. In sostanza si tende a tutelare i disabili e ad applicare il principio della parità di trattamento anche a loro favore. Posto che già in precedenza si è chiarito cosa si intenda per disabilità, non resta a questo punto che procedere a brevi considerazioni in ordine al concetto di discriminazione ed alle sue modalità di verificazione per poi esaminare le conseguenze della suindicata normativa sul piano assicurativo o meglio sulla stipula delle assicurazioni vita e malattia, così come previsto dall’art. 25 della Convenzione ratificata di cui si discute. La definizione di discriminazione che ricaviamo dal Dizionario Enciclopedico Italiano è, in senso generico, la seguente: “il discriminare, distinzione fatta tra persone e cose”, il verbo discriminare che deriva dal latino discrimen e cioè separazione è poi definito “Distinguere, fare una differenza”. Ergo il disabile va trattato come gli altri soggetti, nel senso che non può essere fatta una differenza tra lui e le altre persone. Si può ancora [continua ..]


5. Il divieto di discriminazione dei disabili nella stipula delle assicurazioni malattia e vita

Come già rilevato, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006 ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18 proibisce alla lettera e) dell’art. 25 la discriminazione contro le persone con disabilità nella fornitura di assicurazioni malattia e di assicurazioni vita, assicurazioni che devono essere fornite in modo equo e ragionevole. A ciò consegue che il disabile allorché stipuli una di tali assicurazioni dovrà essere trattato come qualsiasi altro assicurando o meglio non dovrà essere posto in una posizione di svantaggio rispetto agli altri. Occorre allora tener presente che, particolarmente nelle polizze di assicurazione malattia, sono presenti condizioni che, di fatto, impediscono a certi soggetti con particolari disabilità di poter stipulare il contratto o quanto meno, li mettono nella condizione di trovarsi con garanzie solo parziali. Si pensi al caso di una persona con disabilità psichica che per certe polizze è considerata persona non assicurabile, od al caso di condizioni di polizza che prevedano l’esclusione dalle garanzie delle malattie mentali o di altre patologie. In considerazione di tale circostanza e con l’intento di dare completa esecuzione a quanto prescritto con la richiamata lettera e) dell’art. 25 della Convenzione, l’ISVAP è intervenuto con lettera al Mercato della Direzione Coordinamento Giuridico del 23 luglio 2012 Prot. N. 07-12-000197, prendendo in considerazione proprio il fatto che determinate categorie di disabili, come i portatori di handicap mentali, non potrebbero stipulare una polizza malattia in quanto le condizioni di tali polizze considerano appunto persone non assicurabili le persone malate di mente od escludono dalle garanzie le malattie mentali. In tale lettera, premesso che è stato costituito un tavolo tecnico con la partecipazione dell’ANIA e di Associazioni del settore, si precisa essere stato ritenuto “… che si debba garantire il principio di parità di trattamento nei confronti delle persone con disturbi mentali o che assumano farmaci psicotropi nell’ambito di una terapia medica, eliminando le clausole dei contratti malattia che precludono loro l’accesso alla relativa garanzia assicurativa”. L’ISVAP ha perciò richiamato le imprese ad un sollecito adeguamento delle proprie polizze malattia alla [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Occorre a questo punto rilevare che se anche il disabile malato di mente, in precedenza preso in considerazione, potrebbe ora stipulare una polizza malattia, non è detto che l’assicuratore debba poi intervenire per le spese relative alla malattia che è alla base proprio della sua disabilità, mentre dovrà ovviamente intervenire per le spese relative all’insorgere di altri nuovi stati morbosi e ciò perché all’atto della stipula del contratto si potrebbe espressamente escludere le conseguenze delle malattie preesistenti alla stipula. In sostanza, è chiaro che il disabile non deve essere posto in una posizione di svantaggio rispetto agli altri soggetti, il che potrebbe eventualmente rappresentare una discriminazione indiretta ma non è detto che debba essere posto in una situazione migliore e privilegiata rispetto a quella degli altri assicurati. D’altronde, se per il normale assicurato si prevede l’esclusione dalle garanzie delle malattie preesistenti, o si escludono le malattie collegate ad uno stato patologico dichiarato in sede di dichiarazioni precontrattuali, come avviene ad esempio per le malattie cardiovascolari di norma escluse per coloro che abbiano dichiarato di aver patito un infarto, altrettanto potrebbe ritenersi anche per le patologie del disabile. Piuttosto, si può rilevare che l’art. 2 della Convenzione invita, sia pur implicitamente, alla ricerca di soluzioni (accomodamenti) ragionevoli, mentre la lettera e) dell’art. 25 precisa che la fornitura di assicurazioni malattia e vita deve avvenire in modo equo e ragionevole. Tanto non esclude quindi che si debbano contemperare, da un lato, gli interessi e le prassi degli assicuratori e, dall’altro, la proibizione di una discriminazione del disabile il che potrebbe portare ad un riesame delle condizioni di polizza magari anche oltre quanto già suggerito dall’ISVAP con la lettera in precedenza richiamata. In conclusione, si può osservare che se la Convenzione si è preoccupata di escludere ogni discriminazione del disabile anche per la stipula delle assicurazioni in esame, non pare si sia inteso andare oltre tale traguardo, nè porre il disabile in una situazione privilegiata perché tanto avrebbe richiesto ben diversi termini. È comunque a questo punto appena il caso di ricordare che la causa del contratto di assicurazione privata [continua ..]


NOTE