Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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Il danno non patrimoniale coperto dalla tutela previdenziale: la non indennizzabilità del danno biologico terminale (di Maria Barnabei, Dottoranda di ricerca in Diritto dei consumi presso l’Università degli Studi di Perugia)


Attraverso il commento di una recente pronuncia della sezione lavoro della Corte di Cassazione, il contributo analizza la tutela offerta dall’ordinamento italiano al lavoratore che deceda per effetto di un infortunio sul lavoro. Il lavoro ha lo scopo, in primo luogo, di chiarire i differenti ruoli, fini e caratteri della tutela previdenziale e della tutela civilistica e, in secondo luogo, di individuare quali tipi di pregiudizi non patrimoniali sofferti dalla vittima siano oggetto della compensazione offerta dalla tutela previdenziale. Particolare attenzione è dedicata ai pregiudizi di natura biologica o morale collegati alla morte del lavoratore, che rientrano nel concetto di “danno differenziale”, creato dalla giurisprudenza e, quindi, oggetto dell’obbligo di risarcimento che grava sul datore di lavoro, accertata la sua responsabilità civile.

 

Non-pecuniary damage covered by social insurance: the non-recoverability of the biological terminal damage

Through the comment of a recent decision of the labour section of the Court of Cassation, the essay analyzes the protection offered by the italian legal system to the worker who dies as a result of a related-work accident. The purpose of the work is, in the first place, to clarify the different roles, aims and features of social security law and civil law protection and, secondly, to identify which types of non economical prejudices suffered by the victim are covered by the compensation offered by the social security system. The focus is put on the biological or moral prejudices related to the death of the worker, which fall within the concept of “differential damage”, created by the jurisprudence and, therefore, are subject to the obligation of compensation imposed on the employer, whose civil liability is declared.

Keywords: Social security law– Mandatory social insurance– Work-related accidents – Compensation – Civil liability – Non economical damages.

MASSIMA: Il danno biologico coperto dall’indennizzo INAIL si riferisce esclusivamente alla menomazione permanente dell’integrità psicofisica, ossia che si protrae per tutta la vita, che può essere assoluta o parziale e decorre dal giorno successivo a quello della cessazione della inabilità temporanea. Ne deriva che esulano dal sistema assicurativo obbligatorio sia il danno biologico temporaneo sia il danno morale. PROVVEDIMENTO: La Corte ecc. (Omissis). FATTI DI CAUSA 1. La Corte d’Appello di Salerno ha accolto l’appello principale dell’INAIL e, per l’effetto, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato integralmente la domanda degli attuali ricorrenti, eredi di T.R., proposta nei confronti dell’I­stituto; in accoglimento, altresì, dell’appello incidentale degli eredi, ha condannato, in solido, Larek srl, S.C. e A.C. al risarcimento del danno non patrimoniale, nella misura di euro 15.498,67 oltre accessori, in favore di ciascun erede pro quota ereditaria. 2. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha osservato come, in base alla normativa vigente, non sussistesse l’obbligo dell’INAIL di corrispondere, agli eredi, somme per titoli diversi o ulteriori rispetto a quelle già riconosciute (nello specifico, indennità per inabilità temporanea per il periodo dall’infortunio al decesso, assegno funerario, rendita ai superstiti) e, in particolare, che alcun fondamento giuridico avesse la pretesa di tutela, nei confronti dell’Istituto, di un “danno biologico temporaneo” e/o di un “danno non patrimoniale al di fuori di quanto normativamente previsto”. 3. Al riguardo, la Corte distrettuale ha osservato come il breve tempo intercorso tra l’infortunio ed il decesso non avesse consentito la stabilizzazione di una menomazione permanente per la quale solo è ipotizzabile la tutela indennitaria del d.lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13, una volta cessata l’inabilità temporanea. 4. Viceversa, in merito all’azione esercitata nei confronti delle parti private, la Corte d’appello ha giudicato responsabili le stesse dell’evento mortale, con condanna al risarcimento del danno non patrimoniale. 5. In punto di identificazione del pregiudizio non patrimoniale, richiamata la pronuncia a Sezioni Unite n. 15350 del 2015, la Corte di appello ha riconosciuto il cd. danno biologico terminale (ritenendo, a detto fine, apprezzabile il lasso di tempo intercorso tra l’infortunio e la morte); per la sua liquidazione, ha utilizzato il criterio della rapportabilità alla inabilità temporanea, secondo le tabelle di Milano. 6. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi, sulla base di due motivi. 7. Hanno resistito con controricorso, l’INAIL, A.C. e, con un unico atto, la società (Omissis) e S.C. 8. Il P.M. [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso di specie e la questione affrontata dalla Corte di legittimità - 2. Il danno non patrimoniale coperto dalla tutela previdenziale - 3. Il danno biologico terminale e il danno morale catastrofale - 4. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Il caso di specie e la questione affrontata dalla Corte di legittimità

La sentenza in commento offre lo spunto per chiarire, in caso di infortunio sul lavoro e conseguente decesso del lavoratore, il confine tra le prestazioni indennitarie erogate dall’ente INAIL [1] e le prestazioni risarcitorie eventualmente dovute dal datore di lavoro, previo riconoscimento di una sua responsabilità. In un contesto in cui prestazioni previdenziali e risarcitorie si intrecciano, giacché collegate ad un medesimo fatto storico di base, ossia l’infortunio, è opportuno fare chiarezza sui differenti ruoli della tutela previdenziale e della tutela civilistica. Tanto più se si considerano, da un lato, i differenti meccanismi di riconoscimento del risarcimento e dell’indennizzo e, dall’altro, la necessità di evitare indebite locupletazioni, in ossequio al principio di integralità del ristoro del danno [2]. Tale principio implica che il danneggiato venga collocato, per usare termini economicistici, “nella stessa curva di indifferenza” in cui si sarebbe trovato se non avesse subito l’illecito. Occorre scongiurare, quindi, ogni tentativo di ampliare le maglie della tutela previdenziale, veicolando in detta sede domande non consentite dalla relativa normativa, così beneficiando dei meno gravosi oneri probatori e procedurali, di seguito esplicitati. Il tema è destinato a confrontarsi, peraltro, anche con la tematica della compensatio lucri cum damno, che nella determinazione del quantum del risarcimento esige di valutare gli apporti costituiti da eventuali prestazioni erogate al danneggiato connesse all’illecito subito. Ciò posto in termini generali, al fine di comprendere la questione affrontata dalla Corte di Cassazione, è opportuna una ricapitolazione delle vicende poste alla base della pronuncia. Dall’esposizione dei fatti di causa emerge che gli eredi di un lavoratore deceduto a seguito di infortunio agivano, in primo grado, sia nei confronti dell’INAIL sia nei confronti dei presunti responsabili civili, al fine di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale patito dall’infortunato nell’in­tervallo di tempo dalle lesioni fino al momento del decesso. In secondo grado la Corte d’Appello riconosceva in capo all’istituto di previdenza l’obbligo di corresponsione di determinate prestazioni, tra cui l’indennità per inabilità temporanea fino al [continua ..]


2. Il danno non patrimoniale coperto dalla tutela previdenziale

L’interrogativo cui la pronuncia in esame consente di rispondere è se, in assenza di postumi permanenti derivanti dalla lesione all’integrità psico-fisica a causa del sopraggiungere del decesso, agli eredi della vittima spetti un indennizzo INAIL per danno non patrimoniale e in particolare, in caso di risposta affermativa, se sia indennizzabile il pregiudizio temporaneo, biologico o morale, patito nell’intervallo di tempo tra l’infortunio e il decesso [4]. La comprensione del quesito non può prescindere dalla considerazione delle funzioni della tutela previdenziale. Come noto, la previdenza sociale abbraccia quegli istituti finalizzati a liberare il lavoratore [5] dallo stato di bisogno generato da determinati eventi, predeterminati dal Legislatore, più o meno connessi alla prestazione lavorativa, tra cui, appunto, gli infortuni, le malattie, l’invalidità [6]. Il bisogno in questione viene soddisfatto mediante una prestazione integralmente o parzialmente sostitutiva del reddito da lavoro. Il fondamento di tale forma di tutela risiede nell’art. 38 della Costituzione, che al comma 2 riconosce ai lavoratori il diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita al verificarsi degli eventi protetti dall’ordinamento, mentre al comma 4 pone in capo allo Stato il compito di provvedere a garantire i mezzi in questione. In tal modo, si è affermato, la norma fonda un modello di Stato sociale, nel cui contesto la previdenza assume un rilievo pubblicistico, rientrando tra i servizi essenziali che l’ordinamento è tenuto ad offrire [7]. Testimonia la rilevanza del sistema previdenziale, del resto, il suo stesso meccanismo di operatività. In primo luogo, infatti, è irrilevante la componente soggettiva della condotta delle parti, venendo l’indennizzo erogato a prescindere da una valutazione di responsabilità del datore di lavoro, quindi anche nel caso in cui il fatto risulti imputabile al caso fortuito o, perfino, a colpa dello stesso lavoratore. In secondo luogo, in tale contesto vige il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali. Il rapporto giuridico previdenziale, giova rammentare, è un rapporto complesso, quasi sempre trilatero, coinvolgendo il datore di lavoro tenuto al versamento dei contributi [8] nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinati, l’ente previdenziale [continua ..]


3. Il danno biologico terminale e il danno morale catastrofale

Occorre interrogarsi, in particolare, sul destino di quei pregiudizi spesso etichettati con i termini “danno biologico terminale” e “danno morale catastrofale”, a seconda dei vari orientamenti sul punto. Devesi premettere che non esiste una definizione legislativa di tali tipologie di danni, essendo gli stessi piuttosto il frutto di elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali, miranti ad offrire una tutela completa alle varie sfaccettature in cui può sostanziarsi in concreto un danno non patrimoniale [26]. La loro elaborazione è stata stimolata, peraltro, dalla necessità di distinguere i suddetti pregiudizi dal danno tanatologico, ossia il danno arrecato alla vittima di lesioni fisiche che deceda sul colpo. Ciò anche in considerazione del fatto che per granitica impostazione tale tipo di danno non incontra tutela risarcitoria [27] né, secondo la giurisprudenza, una tutela indennitaria da parte dell’INAIL [28]. Note sono le principali motivazioni: non si ha risarcimento perché fondamentalmente non c’è un danno conseguenza, che solo può essere risarcito, nel senso che non c’è più la persona vivente in grado di patirlo; il riconoscimento del risarcimento in tali evenienze smaschererebbe una funzione sanzionatoria della responsabilità civile, che non gli è propria, e si tradurrebbe in un modo per arricchire ingiustificatamente i parenti della vittima. Da qui la necessità di individuare tipi di pregiudizi, invece, risarcibili, in ossequio al principio di integralità della riparazione. Viene alla luce, allora, il danno catastrofale, una peculiare ipotesi di danno morale soggettivo [29] che consiste nella consapevolezza da parte della vittima dell’appropinquarsi del proprio decesso. Tale pregiudizio, per il quale non è necessario un apprezzabile lasso di tempo (un soggetto potrebbe rendersi conto della propria condizione anche in un periodo temporale breve), comporta il patimento da parte del danneggiato di un grandissimo dolore temporaneo. Ora, nel caso in cui le parti interessate riescano a fornire prova della condizione del danneggiato, quindi della sussistenza di un suo stato di coscienza nell’intervallo tra l’evento lesivo e la morte, il danno in questione potrà essere risarcito ed il relativo diritto risulterà trasmissibile iure hereditatis. Il problema [continua ..]


4. Osservazioni conclusive

Come si è avuto modo di osservare, a fronte dei danni non patrimoniali discendenti dal pregiudizio alla salute del lavoratore, si registra la coesistenza di due forme di tutela: quella assicurativa dell’INAIL e quella risarcitoria gravante sul datore di lavoro. Un importante punto di contatto tra le stesse risiede nell’idoneità di entrambe, ad oggi, a ristorare il danno biologico (la tutela previdenziale a partire dalle modifiche normative del 2000), sebbene con delle differenze in termini di entità indennizzabile e relative modalità. Per il resto i due sistemi divergono sotto molteplici profili. Anzitutto, diverso è il loro fondamento: la tutela indennitaria risponde ad obiettivi di solidarietà sociale ricollegabili all’art. 38 della Costituzione, mentre la responsabilità del datore di lavoro è da ricondurre al dovere di protezione dell’integrità fisica e della personalità morale di cui all’art. 2087 c.c. o, comunque, al generico divieto di cui all’art. 2043 c.c. del neminem ledere, stante la pregnanza degli interessi in gioco. In secondo luogo, diverso è il loro fine: la tutela indennitaria mira a tutelare principalmente il lavoratore dagli eventi che possono compromettere la prosecuzione dell’attività lavorativa, con attenzione, quindi, alla persona del lavoratore [34]; la responsabilità civile, invece, mira alla riparazione integrale di tutti i pregiudizi derivanti da un illecito, che ben possono prodursi anche nelle sfere giuridiche di altri soggetti, come i familiari, nei casi in cui l’ille­cito sia plurioffensivo, quindi idoneo a ledere più interessi giuridicamente rilevanti. In terzo luogo, diverso è il loro meccanismo operativo: la tutela indennitaria, alimentata in base alla contribuzione, opera in maniera pressoché automatica al verificarsi dell’evento e risulta svincolata dalla sussistenza di un illecito contrattuale o aquiliano, prescindendo dai suoi requisiti; la responsabilità civile, invece, richiede sempre un accertamento dei relativi elementi costitutivi, tra i quali il danno, il nesso causale tra lo stesso e la condotta ascrivibile al responsabile, l’elemento soggettivo, con oneri probatori più o meno gravosi a seconda della natura contrattuale o aquiliana. Ciò non toglie che tali sistemi siano tra loro, in qualche misura, [continua ..]


NOTE