Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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L'interpretatio contra stipulatorem (art. 1370 c.c.) del contratto di assicurazione (di Mirko Faccioli, Professore associato di Diritto privato presso l’Università degli Studi di VeronaL’interpretatio contra stipulatorem (art. 1370 c.c.) del contratto di assicurazione)


Prendendo spunto dall’ordinanza di Cassazione n. 25849/2021, il contributo analizza il ruolo svolto dalla regola dell’interpretatio contra stipulatorem dettata dall’art. 1370 c.c. nell’interpretazione del contratto di assicurazione.

Taking its cue from judgment No. 25849/2021 of the Court of Cassation, the paper analyzes the role played by the so-called interpretatio contra stipulatorem rule, envisaged by article 1370 of the Civil Code, in the interpretation of the insurance contract.

Keywords: interpretation of the insurance contract, general conditions of contract, interpretation against the author of the clause.

MASSIMA: Nell’interpretazione del contratto di assicurazione, che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., e, in particolare, a quello dell’interpretazione contro il predisponente di cui all’art. 1370 c.c. (1). PROVVEDIMENTO: La Corte ecc. (Omissis). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. T.R. ha subìto danni per essere stata fatta cadere per terra dal cane di suo figlio, S.C., svincolatosi improvvisamente dal guinzaglio. Poiché la assicurazione, la Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni, che garantiva copertura per i danni causati dal Sorgi non ha inteso risarcire, la T. ha citato in giudizio il figlio, che ha chiamato a garanzia la compagnia di assicurazione, la quale si è costituita ed ha eccepito che il danno causato ai genitori è escluso dalla copertura assicurativa. 2. Il Tribunale ha accolto la domanda, sul presupposto che l’esclusione dei genitori valeva solo ove fossero conviventi, cosi intendendo l’art. 24 delle condizioni di polizza, mentre, al contrario, la Corte di Appello di Roma ha ritenuto che i genitori non fossero da considerare come terzi danneggiati, a prescindere dalla loro convivenza con il danneggiante, ossia che, in base a quella clausola, i danni causati ai genitori, fossero, per l’appunto, sempre e comunque esclusi dalla copertura. 3. Ricorre T.R. con un motivo. Si è costituita la Helvetica Compagnia Svizzera di Assicurazioni, ed ha chiesto, con controricorso, il rigetto di quel motivo. RAGIONI DELLA DECISIONE 5. Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1362, 1363, 1370 e ss. c.c. La tesi della ricorrente è che la Corte di Appello ha innanzitutto disatteso il criterio letterale di interpretazione, in base al quale avrebbe dovuto ricavarsi che l’esclusione riguarda i parenti, tutti, quali che siano, purché conviventi, e che dunque la copertura opera se il danno è causato ai parenti, genericamente intesi, dunque anche genitori non conviventi. Inoltre, secondo il ricorrente, la decisione impugnata ha disatteso le regole di interpretazione del contratto, previste dagli artt. 1362 c.c. e ss., in quanto la corte si sarebbe comunque fermata ad una interpretazione letterale, senza andare oltre, ossia senza tenere conto della ratio della clausola, che è quella di escludere copertura quando il rischio di danno è maggiore, attesa, per l’appunto, la convivenza. Inoltre, contesta alla corte di avere disatteso la ratio dell’art. 1370 c.c., in quanto l’interpretazione della clausola, perlomeno, doveva ritenersi dubbia, e far propendere per un significato sfavorevole al predisponente. 6. Il motivo [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso di specie e la soluzione della Suprema Corte - 2. L’art. 1370 c.c. e il contratto di assicurazione - 3. I presupposti applicativi e il funzionamento dell’art. 1370 c.c. - 4. Interpretazione contro l’autore della clausola anche in assenza di dubbio? - 5. L’art. 35, comma 2, del Codice del consumo - NOTE


1. Il caso di specie e la soluzione della Suprema Corte

La vicenda giudiziaria decisa dall’ordinanza in commento trae origine da un contratto di assicurazione della responsabilità civile verso terzi che escludeva testualmente dalla garanzia i pregiudizi causati ai seguenti soggetti: «il coniuge, i genitori, i figli delle persone [assicurate], gli altri parenti ed affini con loro conviventi, nonché gli addetti ai servizi domestici». Concretizzatasi una fattispecie di danno in capo alla madre non convivente dell’as­sicurato, l’incerta formulazione letterale della clausola sopra riportata, dovuta all’infelice collocazione dell’inciso «con loro conviventi», si era infatti rivelata suscettibile di due diverse interpretazioni: una prima, accolta dal Tribunale, secondo cui la situazione di convivenza atta ad escludere la copertura andava riferita non solo ai parenti ed affini, ma anche ai familiari più stretti indicati nella prima parte della clausola, con conseguente operatività della polizza nel caso di specie; una seconda, fatta propria dalla Corte d’Ap­pello, secondo cui la situazione di convivenza avrebbe invece rilevato solo con riguardo a parenti ed affini, mentre il coniuge, i genitori e i figli degli assicurati dovevano ritenersi sempre e comunque esclusi dalla copertura offerta dalla polizza. Dopo avere evidenziato come la seconda opzione ermeneutica fosse (quella più) aderente al dato letterale del contratto, la Suprema Corte ha nondimeno ritenuto doversi esprimere la preferenza nei confronti della prima facendo leva su un triplice ordine di argomenti: la possibilità di ravvisare la ragione sostanziale dell’esclusione della copertura assicurativa nella situazione di convivenza, considerando che quest’ultima rende più frequente il rischio di danni [1]; un argomento, definito «pragmatico, ossia […] attento alle conseguenze (tra le quali anche quelle di tipo logico)», che mette in evidenza che, «se il requisito della convivenza fosse riferito ai soli affini (oltre che agli altri parenti) il danno al fratello non convivente sarebbe coperto, quello al genitore non convivente no, e non è chiaro perché»; la regola dell’inter­pretatio contra stipulatorem dettata dall’art. 1370 c.c., alla quale la Suprema Corte vede sottesa «una precisa ragione: se la clausola è predisposta da un solo contraente, la scarsa [continua ..]


2. L’art. 1370 c.c. e il contratto di assicurazione

L’ordinanza riportata in epigrafe è solo l’ultimo di una nutrita serie di interventi giurisprudenziali che nel corso del tempo hanno suggellato uno stretto collegamento fra il contratto di assicurazione e la disciplina sull’in­terpretazione dei contratti standardizzati contenuta nell’art. 1370 c.c.: da un lato, nell’interpretazione delle polizze il ricorso alla norma testé riferita risulta molto spesso decisivo per risolvere le asperità ermeneutiche sollevate da testi contrattuali lunghi, articolati e tecnicamente complessi [2]; dal­l’altro, il criterio dell’interpretatio contra stipulatorem trova il suo principale campo di applicazione proprio nel contratto di assicurazione, a tale fattispecie riferendosi la grandissima maggioranza delle pronunce emesse in materia [3]. Senza pretese di completezza e rinviando al prosieguo del discorso per ulteriori indicazioni giurisprudenziali, si può ricordare che tramite l’applica­zione dell’art. 1370 c.c. è stato, per esempio, deciso che: la clausola che prevede la decadenza dell’assicurato dal diritto all’indennizzo per il caso in cui ometta di comunicare la stipulazione di altro contratto di assicurazione per il medesimo rischio, ma non consenta di stabilire se le parti abbiano inteso rifarsi al principio di cui all’art. 1910, comma 2, c.c. circa la perdita dell’in­dennizzo per la sola ipotesi di omissione dolosa, ovvero derogare a tale norma prescindendo dal dolo, va interpretata in senso sfavorevole alla compagnia assicurativa e, quindi, secondo la prima delle due soluzioni prospettate [4]; il contratto di assicurazione dai rischi di infortunio e malattia che esclude la copertura per cure dentarie, protesi dentarie e paradentopatie non può essere interpretato nel senso di negare l’indennizzo per un intervento di chirurgia implantare, resosi necessario in conseguenza di un infortunio [5]; la clausola del contratto di assicurazione contro gli infortuni concernente indennizzo per il periodo di sottoposizione a ingessatura va interpretata nel senso che, nell’ipotesi di distorsione cervicale, all’ingessatura è equiparabile l’adozione di un collare cervicale, prescritta dal medico come parimenti efficace sotto il profilo terapeutico e meno disagevole per il paziente [6]; la clausola secondo cui la dichiarazione di disdetta va [continua ..]


3. I presupposti applicativi e il funzionamento dell’art. 1370 c.c.

La regola dell’interpretatio contra stipulatorem [13] appartiene al novero dei canoni di interpretazione c.d. oggettiva del contratto [14] e riveste, nel suddetto ambito, un ruolo di primaria importanza, il risultato della sua applicazione essendo destinato a prevalere rispetto a quello che deriverebbe dall’ap­plicazione del principio di conservazione del contratto dettato dall’art. 1367 c.c., della disciplina delle pratiche interpretative contenuta nell’art. 1368 c.c. o della norma sulle espressioni con più sensi di cui all’art. 1369 c.c. [15]. Come pone in evidenza anche la pronuncia in commento, la regola in esame trova invero fondamento «nel dovere di chiarezza che si impone al predisponente sì da evitare che costui, con un comportamento contrario a buona fede, possa avvantaggiarsi dell’ambiguità delle clausole unilateralmente elaborate, dovendo, in difetto, sopportare il rischio di un’eventuale difetto di chiarezza nella formulazione prescelta» [16]. Si riallaccia, quindi, alla ratio stessa della norma il suo primo presupposto applicativo, ovverosia il carattere standardizzato del contratto da interpretare, che per la precisione ricorre quando l’accordo viene stipulato mediante condizioni generali, moduli o formulari ex artt. 1341-1342 c.c. interamente predisposti dall’imprenditore per regolare, in modo uniforme, tutti i rapporti giuridici mediante i quali immette sul mercato beni e servizi [17]. È appena il caso di rilevare come tale presupposto sia generalmente presente nelle fattispecie di nostro interesse, i contratti di assicurazione venendo normalmente stipulati, salvo rarissime eccezioni [18], tramite l’utilizzo di testi contrattuali predisposti unilateralmente dalle compagnie assicuratrici e fatti sottoscrivere dagli assicurati, in veste di aderenti, senza procedere alla negoziazione del contenuto dell’accordo [19]. Come tutti i canoni di interpretazione c.d. oggettiva, la regola dell’inter­pretatio contra stipulato rem ha come ulteriore presupposto di applicazione la presenza di un «dubbio» circa il significato della clausola – o anche del contratto nel suo complesso [20] – che l’applicazione delle regole di interpretazione c.d. soggettiva non ha consentito di chiarire [21]. Com’è stato autorevolmente precisato, tale elemento va inteso [continua ..]


4. Interpretazione contro l’autore della clausola anche in assenza di dubbio?

Dall’impostazione che si è appena finito di esaminare si è invero discostata una corrente dottrinale che ha proposto di elevare l’art. 1370 c.c. a primario criterio di interpretazione dei contratti standard, svincolando la sua operatività dalla sussistenza di ambiguità del testo dell’accordo rilevate attraverso la preventiva applicazione dei canoni di interpretazione c.d. soggettiva dettati dagli artt. 1362-1365 c.c. A fondamento di questa impostazione si è sostenuto che le regole da ultimo menzionate, in quanto ontologicamente dirette ad appurare la comune intenzione di due contraenti addivenuti alla stipulazione dell’accordo tramite un’effettiva contrattazione del suo contenuto, si rivelerebbero del tutto inadeguate a guidare l’interpretazione di contratti conclusi, in assenza di trattative, mediante l’utilizzo di schemi negoziali predisposti da uno soltanto dei contraenti in un’ottica di uniformazione di rapporti negoziali omogenei: alle stesse dovrebbe essere pertanto preferito, in quanto criterio speciale dettato proprio con riguardo ai contratti standardizzati, il criterio dell’interpretazione contro l’autore della clausola [32]. Alla tesi in esame è stato, però, convincentemente obiettato che il criterio in discorso non sembra poter concretamente operare a prescindere da un dubbio, ovverosia senza il rilevamento di un’ambiguità del testo del contratto che richieda di operare una scelta tra diverse possibili interpretazioni [33]. La verità è che, svincolato da tale requisito in via ermeneutica, il canone dell’interpretatio contra stipulatorem dell’art. 1370 c.c. si snaturerebbe e perderebbe i connotati di una regola interpretativa per assumere una funzione di riequilibrio dei contratti standardizzati in favore dell’aderente, così perseguendo obiettivi di politica del diritto che appartengono alla competenza esclusiva del legislatore; senza contare che, sul piano pratico, l’impo­stazione in esame potrebbe produrre l’indesiderato effetto di disincentivare le imprese a curare la qualità espressiva e la chiarezza delle condizioni generali di contratto offerte sul mercato, nella consapevolezza del fatto che queste ultime, in qualunque modo redatte, saranno in ogni caso interpretate in favore degli aderenti e che proprio su questi ultimi le imprese stesse potranno [continua ..]


5. L’art. 35, comma 2, del Codice del consumo

Com’è stato poc’anzi accennato, la regola interpretativa dettata dall’art. 1370 c.c. viene ripresa, nell’ambito della disciplina di tutela dei consumatori, dall’art. 35 cod. cons., il quale stabilisce, nel comma 1, che il professionista deve redigere «in modo chiaro e comprensibile» i contratti utilizzati per svolgere la propria attività, e successivamente dispone, nel comma successivo, che «in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’inter­pre­tazione più favorevole al consumatore». Va subito chiarito che la disposizione in esame non è da considerare una superflua ripetizione della previsione codicistica finora esaminata, dalla quale si differenzia innanzitutto sul piano dei presupposti applicativi, i quali prescindono dal carattere standardizzato del contratto da interpretare e hanno riguardo, piuttosto, alle qualità di professionista e di consumatore possedute dalle parti ai sensi della normativa di settore [36]. Con l’art. 1370 c.c. la norma dell’art. 35, comma 2, cod. cons. condivide, invece, la collocazione nell’am­bito dei criteri interpretativi dettati dagli artt. 1362 ss. c.c.: alla pari del suo omologo codicistico, in altre parole, anche l’art. 35, comma 2, cod. cons. può trovare applicazione, seppure con prevalenza rispetto alle altre norme di interpretazione c.d. oggettiva [37], solamente in presenza di un dubbio lasciato aperto dalla previa applicazione dei criteri di interpretazione c.d. soggettiva [38]. La specificità dell’art. 35, comma 2, cod. cons. in realtà si coglie guardando al suo collegamento con l’obbligo di trasparenza sancito dal comma precedente [39] nonché alla sua formulazione letterale, che non riferisce il criterio dell’interpretatio contra stipulatorem alle clausole dubbie come l’art. 1370 c.c. bensì dispone, in termini più ampi e generici, che «prevale l’inter­pretazione più favorevole al consumatore». Fra le diverse questioni suscitate da queste considerazioni, la più importante – nonché più attinente all’og­getto del presente contributo, dal quale esula uno studio approfondito delle problematiche relative al diritto dei consumatori – riguarda il trattamento da riservare alla clausola suscettibile di essere alternativamente letta [continua ..]


NOTE