Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

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In tema di assicurazione per responsabilità civile e clausole di decadenza (di a cura di Marco Rossetti)


In tema di assicurazione della responsabilità civile, è nulla la clausola che pone a carico dell’assicurato un termine di decadenza per denunciare l’evento, decorrente da un atto che non dipende dalla volontà dell’assicurato. Una siffatta clausola infatti contrasta non solo con l’art. 1341 c.c., che vieta, se non sottoscritte, le clausole che impongono decadenze, ma anche con l’art. 2965 c.c., che commina la nullità delle clausole con cui si stabiliscono decadenze che rendono eccessivamente difficile, ad una delle parti, l’esercizio del diritto, tra le quali rientrano anche quelle che fanno dipendere tale esercizio da una condotta del terzo, autonoma e non calcolabile (nella specie, la S.C. ha ritenuto nulla la clausola “claims made” che, in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, imponeva all’assicurato di denunciare l’evento nei dodici mesi dalla cessazione del contratto di assicurazione, purché avesse ricevuto la richiesta di risarcimento del danno da parte del terzo entro la scadenza del contratto stesso) (1).

La Corte ecc. (Omissis). FATTI DI CAUSA L’Ospedale pediatrico Bambino Gesù è stato convenuto in giudizio dai genitori del bambino L.C. per il risarcimento di danni subìti da quest’ultimo nel corso di un ricovero presso il detto Ospedale. La struttura sanitaria è stata condannata al risarcimento, ma, sin dal momento della sua costituzione in giudizio, aveva chiesto di essere manlevata dalla compagnia di assicurazione, le Generali Italia S.p.A., la quale ha tuttavia eccepito che il contratto conteneva una clausola claims made, che impone di denunciare il sinistro entro dodici mesi dalla cessazione di efficacia, e che quel termine era in realtà inutilmente trascorso. Il giudice di primo grado ha ritenuto tale clausola non vessatoria, e dunque legittimo il rifiuto da parte della società Generali S.p.A. di tenere indenne l’Ospe­dale. Il Giudice di appello ha confermato questo giudizio, aggiungendo che, oltre a non essere vessatoria, la clausola claims made cosi inserita, perseguiva interessi meritevoli di considerazione, meglio, non rendeva il contratto immeritevole di tutela. Questa decisione è impugnata dall’Ospedale con tre motivi, cui si oppone la società Generali S.p.A. con controricorso.   RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La ratio della decisione impugnata. La Corte d’appello fa applicazione della decisione a Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la clausola claims made non è di per sé vessatoria, ma può diventare non meritevole di tutela quando comporti un significativo squilibrio tra le parti ai danni di una di esse, e questo accertamento è rimesso in concreto alla discrezionalità del giudice di merito (Cass., Sez. Un., n. 9140/2016). Ritiene poi la Corte che questo accertamento è stato effettuato correttamente dal giudice di primo grado, anche se costui ha discusso di vessatorietà, ma in realtà intendeva riferirsi al­la meritevolezza, e che comunque valutata quest’ultima alla stregua dei canoni indicati dalle sezioni unite, doveva affermarsi la piena validità della clausola. Merita ricordare che la clausola in questione prevedeva l’obbligo dell’assicura­tore di tenere indenne l’assicurato solo dei sinistri dipendenti da condotte tenute tra il 31 dicembre 2001 ed il 31 dicembre 2002, ma a condizione che: a) vi fosse stata richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato entro quel periodo; b) che ricevuta richiesta di risarcimento, entro 12 mesi dalla cessazione del contratto, l’as­sicurato avesse denunciato il sinistro alla compagnia. 2. L’Ospedale ricorrente propone tre motivi. 2.1. I primi due attengono alla medesima questione e possono trattarsi congiuntamente. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 99, 112 e 113 c.p.c. Secondo il ricorrente, il [continua..]