Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
G. Giappichelli Editore

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In tema di liquidazione equitativa del danno (di Marco Rossetti, Consigliere della Corte Suprema di Cassazione.)


La liquidazione equitativa del danno può ritenersi legittima nel solo caso in cui il danno stesso sia non meramente potenziale, bensì certo nella sua esistenza ontologica, pur non essendo suscettibile di prova del “quantum”, e richiede, altresì, onde non risultare arbitraria, l’indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico sul quale è fondata. (Nel ribadire il principio, la S.C. ha affermato che, nel caso di danno patrimoniale consistito nella distruzione di un bene, il giudice di merito può avvalersi del potere equitativo di liquidazione del danno soltanto se è certo – per essere stato debitamente provato da chi si afferma danneggiato – che la cosa distrutta avesse un concreto valore oggettivo, non meramente ipotetico o d’affezione) (1).

(Sentenza impugnata: App. Messina 21 maggio 2018) (1) Si segnala questa sentenza all’attenzione del lettore sia perché la liquidazione equitativa del danno patrimoniale, talora, nella prassi finisce per divenire una sorta di damage’s lottery (più somigliante ad una estrazione a sorte che ad un ragionato calcolo); sia perché in essa viene ripercorso il fondamento e la ratio dell’art. 1226 c.c., dai quali vengono tratti i criteri per la corretta applicazione di tale norma. Per l’affermazione secondo cui la liquidazione equitativa del danno può ritenersi legittima nel solo caso in cui il danno stesso sia non meramente potenziale, bensì certo nella sua esistenza ontologica, pur non essendo suscettibile di prova del quantum, e richiede, altresì, onde non risultare arbitraria, l’indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico sul quale è fondata, si veda già Cass. civ., Sez. II, 27 agosto 2002, n. 12557. Nello stesso ordine di idee, Cass. civ., Sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3794 aveva addossato all’attore, il quale abbia proposto una domanda di condanna al risarcimento dei danni da accertare e liquidare nel medesimo giudizio, l’onere di fornire la prova certa e concreta del danno, così da consentirne la liquidazione, oltre che la prova del nesso causale tra il danno ed i comportamenti addebitati alla controparte; consentendo la liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all’art. 1226 c.c., solo a condizione che l’esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione. La Corte ecc. (Omissis). RAGIONI DELLA DECISIONE Va esaminato per primo, ai sensi dell’art. 276, comma 2, c.p.c., il secondo motivo del ricorso incidentale, che pone una questione di giurisdizione e dunque una questione pregiudiziale di rito; andrà quindi esaminato il secondo motivo del ricorso incidentale, il quale pone una questione preliminare di merito; infine, andrà esaminato il ricorso principale. 1.1. Col secondo motivo di ricorso incidentale il Comune di Rometta lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 1, c.p.c., che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto sussistere nel caso di specie la giurisdizione del giudice ordinario. Deduce che la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno causato dall’esercizio d’un pubblico potere è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, e nel caso di specie per l’appunto il danno era derivato dall’occupazione del fondo della ricorrente. 1.2. Va premesso che la questione di giurisdizione può essere esaminata da questa sezione ai sensi dell’art. 374, comma 1, c.p.c., in quanto – come si dirà – già decisa più volte dalle Sezioni Unite della Corte. 1.3. Nel merito, il [continua..]