Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni privateISSN 0004-511X
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Responsabilità per colpa medica. Normativa vigente e “diritto vivente” (di Giorgiomaria Losco)


Le normative susseguitesi negli ultimi anni sulla “Sicurezza delle cure e sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” sono state oggetto di una serie di recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione che ha colto l’occasione per un esame generale delle problematiche inerenti dette responsabilità: tra queste di particolare interesse per le conseguenze che ne derivano alcune sul tema specifico della colpa contrattuale e/o extracontrattuale degli operatori sanitari siano essi enti di spedalità o singoli professionisti medici strutturati negli enti ovvero liberi professionisti. Questo articolo analizza le posizioni giurisprudenziali in argomento alla luce delle citate normative.

1. Nel contesto di una serie di sentenze della III Sez. della Suprema Corte di Cassazione in materia di responsabilità civile attinente alla attività medica e dirette alla conforme interpretazione delle relative recenti disposizioni legislative [1] è stato esaminato [2] questo apparato normativo (anche sotto il profilo della retroattività o meno di tali nuove previsioni) e, in tale ambito, si è avuto modo di riprendere il discusso tema della determinazione del titolo di responsabilità civile che può scaturire dall’attività sanitaria, vuoi dalle strutture ed enti ad essa preposti, vuoi dall’operato dei professionisti medici. Gli approfondimenti dottrinali e giurisprudenziali anteriori alle discipline del 2012 e poi del 2017 presero, storicamente, ad accentuarsi allorquando si manifestarono notevoli incrementi di contenzioso giudiziario connesso, perlopiù, a lamentati “errori” diagnostici o terapeutici tali da provocare pregiudizi dannosi alla salute dei pazienti ovvero connessi con le possibili (o peggio impossibili) scelte di questi ultimi in ordine al proprio benessere, presente o futuro. Lo sviluppo della medicina sia come diagnostica che come terapia ne hanno reso la relativa “pratica” operativa più complessa e quindi necessariamente assai strutturata, non di rado più burocratica e, quindi, certamente più asettica nel rapporto tra un singolo paziente ed il “suo” medico e da ciò una maggior possibilità di errori ed un aumento di aspettative nei confronti dei professionisti (non più considerati … infallibili sapienti); parallelamente, come spesso accade, sono proliferati studi di professionisti ed associazioni di assistenza ai pazienti a fronte di fenomeni di c.d. malasanità (inefficienze, errori, ecc.), da un lato e da tecniche di c.d. “ medicina difensiva” messa in atto dagli operatori sanitari, dall’altro, con eccessi di cautele e relativi costi per molteplici esami ed analisi, o, persino, la “fuga” dagli interventi operatori più pericolosi o più rischiosi . Da tutto ciò è scaturito, come detto, un proliferarsi di vertenze stragiudiziali e giudiziali con i relativi problemi sui tempi di risoluzione dei casi e dei loro costi (compresi quello non indifferenti dei premi assicurativi lievitati per la frequenza dei relativi rischi). Le recenti, sopra citate normative in materia hanno allora cercato di arginare il fenomeno sia in ambito di organizzazione sanitaria sia in ambito di responsabilità medica e ospedaliera. Infatti, l’ottica del legislatore è stata quella di contemperare l’interesse dei danneggiati ad ottenere un integrale ristoro del danno alla salute subìto in relazione ad errori terapeutici imputabili al medico (art. 32, comma 1, Cost.) e l’interesse della [continua..]
SOMMARIO:

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Fascicolo 4 - 2019